Tredicesima detassata, per chi aumenta e come cambia la busta paga

L’esenzione o l’aliquota ridotta sulla mensilità in questione potrebbe portare a percepire fino a 700 euro in più

Tredicesima detassata, per chi aumenta e come cambia la busta paga
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L’idea di alleggerire la tassazione sulla tredicesima mensilità torna a farsi strada nei corridoi della politica economica italiana. Il tema è uno dei più caldi in vista della prossima Legge di bilancio, con l’obiettivo dichiarato di mettere più soldi in tasca ai lavoratori e rilanciare i consumi in una fase in cui il potere d’acquisto resta sotto pressione. Dopo anni di interventi frammentati e misure tampone, il governo valuta ora un’azione diretta sul reddito disponibile, partendo proprio da quella gratifica natalizia che per molti italiani si traduce in un sollievo solo apparente.

La proposta

A promuovere con forza la proposta è Forza Italia, che vede nella detassazione della tredicesima una misura di equità fiscale e un gesto simbolico verso il ceto medio. Il vicepremier Antonio Tajani l’ha definita più volte una “priorità sociale”, capace di restituire valore al lavoro e di stimolare la domanda interna in un momento di crescita moderata. La questione nasce da una disparità strutturale: la tredicesima, pur essendo calcolata sulla stessa base imponibile dello stipendio, è oggi più tassata. Sulla gratifica natalizia non si applicano le detrazioni da lavoro dipendente e l’Irpef incide per intero, sommata ai contributi previdenziali medi del 9,19%. Nel 2025 l’imposta resta suddivisa in tre scaglioni principali — 23%, 35% e 43% — che, privi delle detrazioni, riducono sensibilmente il netto finale in busta paga.

Le ipotesi operative

Nel dibattito interno alla maggioranza si delineano due ipotesi operative. La prima prevede l’esenzione totale dell’Irpef, con la tredicesima sottoposta solo ai contributi previdenziali. La seconda, più prudente ma comunque vantaggiosa, ipotizza l’applicazione di un’aliquota sostitutiva ridotta al 10%, sulla falsariga del regime già utilizzato per i premi di produttività. Entrambe le soluzioni mirano a restituire potere d’acquisto ai lavoratori, ma comportano livelli di spesa pubblica molto diversi: l’esenzione completa richiederebbe coperture per diversi miliardi di euro, mentre la tassazione ridotta rappresenterebbe un compromesso più sostenibile per le casse dello Stato.

Cosa cambia nei calcoli

Per comprendere meglio l’impatto economico della misura, conviene osservare cosa cambia nei calcoli. Un dipendente con una retribuzione lorda annua di 30.000 euro riceve oggi una tredicesima lorda di circa 2.308 euro. Da questa somma vanno sottratti i contributi previdenziali (9,19%, circa 212 euro) e l’Irpef, pari al 35% della base imponibile, che pesa per circa 731 euro. Il risultato è una tredicesima netta di poco superiore ai 1.360 euro. Con un’esenzione totale dall’Irpef, il lavoratore pagherebbe solo i contributi e porterebbe a casa 2.096 euro netti, con un incremento di oltre 730 euro. In caso di tassazione agevolata al 10%, il netto salirebbe a circa 1.865 euro, pari a 500 euro in più rispetto alla situazione attuale.

Gli effetti al crescere del reddito

Gli effetti diventano più evidenti al crescere del reddito. Un lavoratore con 25.

000 euro lordi annui guadagnerebbe circa 400 euro in più in caso di esenzione totale e oltre 300 con l’aliquota ridotta, mentre un dipendente con 50.000 euro vedrebbe la propria tredicesima crescere fino a 1.500 euro netti aggiuntivi se la misura fosse integralmente esente da Irpef.

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