Saint Vincent - I ghiacciai alpini hanno perso negli ultimi 20 anni il 20% della loro estensione. Ma il fenomeno della deglaciazione è destinato a peggiorare con l’avanzare dei mutamenti climatici. Il futuro delle nostre montagne è stato al centro di un workshop («Cambiamenti climatici e ambienti nivo - glaciali: scenari e prospettive di adattamento») organizzato dall’Apat (Agenzia per la protezione dell’Ambiente e per i servizi tecnici) e dell’Arpa Valle d’Aosta, in vista della Conferenza nazionale sul clima che si terrà a Roma a settembre prossimo.
Temperatura più alte e meno nevicate Secondo gli esperti riuniti a Saint Vincent, gli 800 ghiacciai italiani si sciolgono e il caldo cresce sulle Alpi a un ritmo doppio rispetto alle pianure e alle coste europee: tra 1,5 e 2 gradi nell’ultimo secolo, contro meno di un grado del resto del continente. Studi condotti sul versante francese delle Alpi, mediamente meno esposto alla radiazione solare e alle ondate di caldo, hanno stimato che un aumento della temperatura di 1,8 gradi determina una riduzione della durata del manto nevoso del 20% (30-40 giorni) a 1500 metri di quota. La regola del 20% vale anche a livello generale per la riduzione dei giorni di gelo, dei periodi cioè in cui la temperatura va sotto zero: fra il 1961 e 2004, sono diminuiti appunto di circa il 20%.
A essere più colpite - spiega uno studio elaborato per il convegno - sono le aree glaciali esposte a sud, a quota più bassa e di minore estensione, ma il fenomeno interessa tutto l’arco alpino, compresi i più grandi ghiacciai: il Lys, il Ghiacciaio Grande di Verra, il Rutor, nonchè tutti i ghiacciai del Monte Bianco, l’Adamello e i grandi ghiacciai svizzeri. Le condizioni variano da zona a zona, ma i dati esemplificativi raccolti dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente riportano situazioni di forte stress climatico e ambientale. Sul ghiacciaio di Prè de Bard (gruppo del Monte Bianco) nell’estate localmente calda del 2006 è stata registrata una fusione giornaliera pari a 8 cm di ghiaccio. Nella stagione estiva del 2003 la superficie del ghiacciaio del Timorion (3.100 - 3.500 m di quota) si è abbassata di circa 2 metri. E - ricordano ancora gli esperti - in Valle d’Aosta si è registrata nell’ultimo quindicennio una significativa contrazione delle precipitazioni nevose: meno 19%, un dato che ha ostacolato - assieme ad altri fattori - il riformarsi delle masse glaciali.
Crollano pareti di roccia e guglie Altro fenomeno collegato è quello dei frequenti crolli dei versanti rocciosi cui è venuto meno il collante del ghiaccio. Ma i cambiamenti climatici in atto impongono un’attenta valutazione perchè nevi e ghiacciai sono sorgenti di acqua indispensabili per le coltivazioni e il consumo domestico: la loro contrazione mette a rischio la disponibilità di acqua dolce, utilizzabile per usi agricoli, civili, industriali e per l’approvvigionamento di energia elettrica.
Meno acqua in pianura Il rapporto con la crisi idrica dipende dalla distribuzione temporale dei fenomeni: nel corso delle torride ultime estati i deflussi dei fiumi (anche del Po) è stato garantito unicamente dall’acqua di fusione glaciale, il che sottolinea l’importanza notevole dei ghiacciai. Questo vuole però dire che nel contesto del cambiamento climatico l’apporto dell’acqua di origine nivo-glaciale è tanto maggiore quanto più è intensa la fusione, ma tanto più è intensa l’ablazione, tanto meno saranno disponibili in futuro i serbatoi naturali dei ghiacciai.
Danni alle piante in alta quota I cambiamenti climatici - emerge dagli studi illustrati nel corso del workshop - sono responsabili anche dell’impoverimento delle biodiversità negli ecosistemi alto-montani delle Alpi. Alcune piante che normalmente vegetano in condizioni di freddo estremo stanno diventando sempre più rare, mentre al loro posto si moltiplicano specie caratteristiche delle quote inferiori. Un segnale del fatto che il panorama alpino sta cambiando in modo evidente. Le specie montane endemiche, cioè presenti esclusivamente in ambiente montano, sono minacciate dalla migrazione verso l’alto di altre specie sub-alpine più competitive. I cambiamenti termici stimati in Europa sono al di fuori del limite di tolleranza di molte specie alpine.
Il rischio valanghe L’attenzione degli esperti è stata anche rivolta al rischioso
binomio cambiamenti climatici e turismo: crolli di ghiaccio, valanghe, instabilità delle masse glaciali possono mettere in pericolo l’incolumità dei frequentatori e la sicurezza di manufatti, piste da sci, percorsi turistici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.