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Clint Eastwood, il duro che non tramonta mai

Una monografia sull'attore e regista che ha fatto la storia del cinema. Dagli esordi alla trilogia del dollaro di Sergio Leone, dall'ispettore Callaghan agli Oscar de «Gli spietati» e «Million dollar baby» fino a «Gran Torino» e «Invictus»

Ottant'anni compiuti il 31 maggio scorso, un volto tra i più celebri del cinema mondiale legando il proprio nome a western, thriller, film di guerra e western all'italiana, una passione politica con spiccate simpatie repubblicane, Clint Eastwood rappresenta un pezzo importante della settima arte. E anche oggi che è entrato nella schiera degli ottuagenari continua a firmare capolavori come «Changeling», «Gran Torino», «Invictus», «Million Dollar baby», «Lettere da Iwo Jima», «Flags of our father», solo per citare i più importanti di questi ultimi anni, in coincidenza con l'avvio del nuovo millennio. E il tempo non ha tolto smalto e fascino a uno dei volti da duro più familiari per grandi e piccini. Così il giustiziere di Gran Torino, il manager di Million dollar baby, il detective di Debito di sangue è oggi come ieri l'ispettore Callaghan o il protagonista più amato da Sergio Leone nella «trilogia del dollaro».
In onore alle ottante primavere doppiate con baldanza e vari Oscar in tasca («Gli spietati» ne vinse quattro e «Million dollar baby» altrettanti) ora esce una monografia a lui dedicata da Alberto Castellano (Gremese, pp. 224, euro 30) in due lingue (italiano e francese) che vale un posto d'onore in libreria per la cura dimostrata e il materiale utilizzato, carta patinata e un apparato fotografico ricchissimo in bianco e nero e a colori. Sotto mano il Clint Eastwood degli esordi dalla «Vendetta del mostro» e «Lady Godiva» del '55 fino alle opere più recenti nelle vesti di regista. Al profilo iniziale dell'attore e regista, snocciolato in due lunghi e interessanti capitoli, si aggiunge in dettaglio il repertorio delle molte pellicole di cui Eastwood è stato un indiscusso protagonista.
Nelle sua lunga carriera, molte sue parole sono rimaste celebri. Si pensi alla trilogia del dollaro, solo per fare un esempio. Dietro la macchina, Sergio Leone. Davanti a lui Gian Maria Volontè. «Per un pugno di dollari», anno 1964, primo atto della trilogia. Ramon Rojo incontra Clint Eastwood-Joe e non scherza: «Quando l'uomo con la pistola incontra l'uomo col fucile, l'uomo col fucile è un uomo morto». Nello scontro finale i due si ritrovano uno di fronte all'altro ed è Joe stavolta a minacciare il rivale, aggiungendo perentorio: «Vediamo se è vero». Citazione celeberrima che ha fatto la storia del cinema come quando il Buono incontra Tuco e gli dà una lezione: «Vedi, il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi». È l'ultimo della serie. È «Il buono, il brutto, il cattivo». È Clint Eastwood, il californiano con la passione politica e un debole repubblicano. Il giustiziere che sostenne Eisenhower nel '51, la candidatura di Nixon nel '68 e nel '72, pur poi disprezzandone la dubbia moralità dopo lo scandalo Watergate per non parlare del sostegno, anche finanziario, a Mc Cain nel 2008.

Amico di Schwarzenegger, che aiutò a diventare governatore della California, Clint Eastwood è tutto questo. Un uomo che per la politica si è speso con moderazione. Lui, sostenitore di tanti, è stato solo sindaco di Carmel, la splendida località della costa californiana dove abita da sempre.

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