«Un vero e proprio sistema di controllo capillare». Una filiera di imprese «che partono dal movimento terra nei cantieri, ma che si prolungano fino ad investire la collocazione sul mercato del prodotto immobiliare finito». Così, nellordinanza di custodia cautelare del 26 ottobre scorso, scriveva il giudice Giuseppe Gennari. È la ndrangheta che ha il monopolio delle attività edili nella periferia sud di Milano. Sono le imprese riconducibili alla cosca Barbaro-Papalia, che arricchiscono i clan e ripuliscono il denaro delle ndrine. Ora, nove tra le società finite nellinchiesta condotta dal Gico della guardia di finanza e dalla Direzione distrettuale antimafia sono state «espropriate» del controllo e della gestione ordinaria e affidate a un curatore. Agli amministratori e ai proprietari, sospettati di essere legati alle ndrine, vengono così tagliati i canali di approvvigionamento finanziario.
Una misura di prevenzione patrimoniale presa dal Tribunale nei confronti della «Cusago sviluppo immobiliare», delle immobiliari «Baggio», «Buccinasco», «Cisliano» e «Castellanza», di «Kreiamo spa», «La casa», «Gestim» e «Vespucci srl», tutte sospettate di aver arricchito il sistema criminale degli imprenditori legati alle cosche. I nomi di quelle stesse società erano già comparse nellordinanza di custodia cautelare con cui Gennari aveva disposto il carcere nei confronti di 17 persone e il sequestro patrimoniale per circa 5 milioni di euro. Un «sodalizio criminale» grazie al quale, oltre agli affari immobiliari, le cosche riuscivano a sostenere economicamente i clan dopo gli arresti dei boss. Ma questo è un passo avanti.
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