Il commento Ma la pena capitale è una barbarie fuori tempo

Confesso che durante gli anni di piombo proposi - di conserva con lo scomparso senatore Valiani - la reintroduzione della pena di morte per i delitti di terrorismo. Scrissi quell'articolo per «La Notte» d'impulso, sotto l'effetto di un omicidio particolarmente efferato delle Brigate rosse, e oggi di certo non lo farei più. Ma quella mia reazione di quasi trent'anni fa mi aiuta a capire perché sette cittadini della civilissima Svizzera, che si definiscono parenti e amici di una vittima, si apprestino a raccogliere 100.000 firme per proporre il ritorno della pena capitale - abolita nel 1942 - per gli omicidi di minori, ma anche di adulti, a fini di abuso sessuale. Ora che hanno ottenuto la luce verde «formale» dalla Corte suprema, avranno tempo 18 mesi per metterle insieme, e se saranno capaci di organizzarsi non mi stupirei che ci riuscissero, perché pulsioni di questo genere sono sempre più frequenti nell'opinione pubblica europea, specie nella scia di episodi di cronaca particolarmente raccapriccianti. Ma anche se i sette cittadini raggiungeranno l'obbiettivo, il Parlamento potrà sempre impedire il referendum propositivo cui puntano, invocando sia l'articolo 10 della Costituzione, sia gli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti umani, che la Svizzera ha sottoscritto e ratificato.
Molti - anche in Italia - deplorerebbero sicuramente questo stop, con l'argomento che, una volta completata la raccolta di firme (una precedente iniziativa del 1885 per reintrodurre la pena di morte per i trafficanti di droga decadde per mancanza di seguito) bisogna lasciare al popolo la decisione finale. Ma non è così. Quello dell'abolizione della pena capitale, ormai completata in tutta Europa, è sempre stato un tema su cui le minoranze illuminate hanno anticipato l'orientamento delle masse, imponendo la loro scelta di civiltà. Ora, sarebbe assurdo che proprio nel Vecchio Continente, che è stato ed è tuttora - specie all'Onu, dove è riuscita a fare approvare tre anni fa dall'Assemblea generale una mozione per il pensionamento del boia - all'avanguardia di questa battaglia, si facesse un passo indietro, anche se solo per punire un crimine particolarmente odioso e purtroppo sempre più diffuso nei nostri Paesi. Non è concepibile che quella stessa Europa che ha imposto con successo la fine delle esecuzioni a Paesi istintivamente refrattari, come Turchia e Russia, che con le sue campagne ha favorito un inizio di ripensamento anche di americani e giapponesi e che mette quotidianamente sotto accusa Iran e Cina per lo scandaloso e frequentissimo abuso che fanno della pena di morte si conceda una eccezione.


Se vogliamo mantenere la nostra credibilità in materia, dobbiamo essere tutti coerenti, Confederazione elvetica compresa; siamo certi che il Parlamento svizzero comprenderà tale esigenza, e questo imbarazzo ci sarà risparmiato, con inevitabile disappunto dei promotori del referendum, ma nell'interesse della Civiltà, per una volta con la C maiuscola.

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