Concorso di vignette sull'Olocausto

L’Iran non esclude il boicottaggio delle auto italiane. Morti e feriti in Afghanistan e Somalia. Fini: la Siria è un pericolo oggettivo

Concorso di vignette sull'Olocausto

L’ultima sopresa della «guerra» delle vignette è un concorso di caricature sull’Olocausto, indetto da uno dei più importanti giornali iraniani. Lo ha annunciato ieri, Farid Mortazavi, direttore di Hamshahri, un quotidiano stampato dal comune di Teheran, di cui Mahmoud Ahmadinejad era sindaco prima di diventare presidente della Repubblcia islamica d’Iran. Mortazavi ha spiegato che si tratterà di «un concorso internazionale di vignette sull'Olocausto» per rispondere ai giornali europei che hanno pubblicato le caricature del Profeta appellandosi alla libertà di stampa. «In Occidente hanno pubblicato questi disegni sacrileghi con il pretesto della libertà di espressione. Vediamo se mettono in pratica ciò che dicono e pubblicano anche le vignette sull'Olocausto», ha aggiunto Mortazavi. Il giornale iraniano premierà con sonanti monete d'oro i dodici disegnatori prescelti, tanti quanti sono stati i vignettisti ospitati sul quotidiano danese Jyllands-Posten, che lo scorso settembre aveva commissionato le caricature di Maometto.
I giornali del Medio Oriente sono zeppi di vignette antisemite. Quasi sempre vengono pesantemente presi in giro gli ebrei in combutta con il presidente americano di turno. Su un giornale del Bahrein è apparsa una vignetta con la caricatura di un ebreo che dice al «pappagallo» Bush: «Devi dire: io odio gli arabi». Il presidente Usa ovviamente risponde «Odio gli arabi, odio gli arabi». Nei giorni scorsi l’organizzazione Lega araba-europea aveva pubblicato sul suo sito internet una serie di pesanti vignette sull’Olocausto, poi fatte sparire. Uno dei disegni raffigurava Adolf Hitler a letto con Anna Frank.
Sui siti islamici radicali compare anche la vignettistica anticristiana. Per inneggiare alla guerra santa in Afghanistan i fondamentalisti avevano disegnato una mappa del Paese infilzata da una grande croce, come se fosse una lancia. Dalla «ferita» sgorgava del sangue. Talvolta lo stereotipo antisemita fa breccia anche a casa nostra.

La scorsa estate, alla festa di Rifondazione comunista a Milano, c’era il soldato israeliano che solleva un palestinese con una ruspa o l’altro che posa il mattone sul controverso muro difensivo, con l’immancabile naso adunco, come ai tempi dei manifesti nazi-fascisti. Su un volantino invece l’intera Palestina era coperta da una keffiya e Israele cancellato.

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