"Confederazione", l'Italia che non abbiamo mai avuto

La correzione più importante è relativa alla forma dello Stato. Si guardava alla Svizzera

"Confederazione", l'Italia che non abbiamo mai avuto
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L'autografo della Carta del Carnaro mostra un'indecisione sull'ordinamento dello Stato. Di grande rilievo sono le correzioni di «Confederazione» in «Repubblica». «Confederazione» è un richiamo diretto alla Svizzera, organizzata in Cantoni. In numerosi scritti paralleli o preparatorii della Carta, Alceste De Ambris evoca proprio la Confederazione elvetica. Fondamentale è la lettera del 18 marzo 1920 con la quale il sindacalista presenta a Gabriele d'Annunzio la bozza di Costituzione elaborata in base alle discussioni avute a partire dal mese di gennaio. Scrive De Ambris: «Soltanto un sistema di larghe autonomie locali ed uno spirito di grande tolleranza può rendere possibile la convivenza pacifica di varie razze in un medesimo aggregato politico. La Confederazione Elvetica che sotto molti aspetti presenta una situazione analoga a quella in cui si trova la nostra Repubblica ci offre l'esempio significantissimo di un Cantone come quello dei Grigioni dove 50 mila tedeschi, 37 mila romanci e ladini, 18 mila italiani, divisi per giunta in protestanti e cattolici, possono convivere in pace unicamente perché a ciascuna razza è riconosciuto il diritto di serbare la propria lingua e le proprie costumanze in seno all'aggregato politico cui appartiene». La Confederazione è utile per tenere assieme popoli di lingua e cultura diversa. Non è solo questa la convinzione che fa pendere il piatto della bilancia dalla parte delle autonomie. Ancora De Ambris dalla lettera del 18 marzo: «Perciò il nostro Disegno di Costituzione stabilisce l'autonomia comunale più larga e completa; che ci pare indispensabile in considerazione anche del fatto che se si esamina la situazione della sponda orientale dell'Adriatico vediamo ripetersi ovunque lo stesso fenomeno: le comunità italiane sono quasi tutte marittime, industriali e commerciali, mentre le comunità rurali sono costantemente slave». Alla divisione etnica corrisponde dunque, grosso modo, una divisione economica che concorre a rendere più necessario il regime di autonomia comunale che il Disegno di Costituzione contempla. Ma le larghe autonomie richiamano, nella visione di d'Annunzio, anche le «antiche libertà comunali» nell'Italia «una e molteplice».

D'Annunzio non era certo un sindacalista rivoluzionario. Rispetto al suo collaboratore aveva in mente Roma repubblicana o imperiale, capace di assorbire le usanze dei popoli conquistati, e i liberi Comuni. Eppure, misteriosamente, i conti tornavano.

Scrive De Ambris in un articolo sulla Conquista: «La Costituzione che diminuisce lo Stato - come Potere centrale fino alla più semplice espressione, ed affida agli organi locali e tecnici la maggior parte delle sue funzioni politiche e sociali, è veramente Sindacalista, in quanto si basa su tre elementi della nostra dottrina: Libertà, Associazione, Autonomia».

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