Ma il problema non era l’integrazione? Sembra di no, a giudicare dal progetto approvato nel Consiglio di zona 8. Perché un corso di italiano per immigrati avrebbe un senso, come lo avrebbe un corso di arabo per italiani. Ma insegnare l’arabo agli arabi è un’altra cosa.
Su questa proposta l’altra sera si è spaccato il «parlamentino» di via Quarenghi, quando la commissione Cultura ha proposto il sostegno a un progetto presentato da una fondazione, Dar, legata a una cooperativa che fra l’altro gestisce (spesso dopo averli ristrutturati) un gran numero di alloggi, abitati in gran parte da immigrati. E proprio agli immigrati è destinato il progetto di lezioni di lingua araba, che dovrebbero essere tenuti da donne arabe a bambini e giovani in numero chiuso - come religione ed etnia a quanto pare: marocchini, egiziani, tunisini, e - anche questo è contestato - solo musulmani. Un esponente del Pdl, infatti, il consigliere (anche provinciale) Nicolò Mardegan, ha presentato un emendamento per estendere in modo esplicito il progetto - a cui comunque resta «contrarissimo» - anche ai nordafricani di religione cristiana, i copti egiziani, che nel loro Paese denunciano persecuzioni di ogni tipo. O per allargare l’opportunità anche a immigrati di etnie diverse da quelle nordafricane (per esempio mediorientali). Ma la maggioranza di centrosinistra, guidata dal presidente, Simone Zambelli, di Sinistra, Ecologia e Libertà, con qualche perplessità dei consiglieri, ha votato no. A rendere il tutto più interessante politicamente parlando, secondo il Pdl, il fatto che a presentare il progetto in Consiglio sia stato un giovane che di cognome fa Boeri, anche se timidamente ha voluto presentarsi solo come Filippo. Lavora, servizio civile, per la cooperativa. La Zona ha votato il sostegno al progetto, anche se non lo finanzierà perché non ha fondi a disposizione, ma ha dato il via libera alla fruizione gratuita di uno dei suoi locali - possiede spazi pubblici nel quartiere, ma può mettere a disposizione anche la sede stessa del Consiglio.
«Insegnare la tradizione e la lingua del Paese d’origine è compito delle famiglie e non degli enti locali - commenta lo stesso Mardegan - questa non è integrazione. Avrei compreso l’italiano ai bambini arabi, certo non la lingua araba».
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