La coscienza critica degli italiani

D i carattere sanguigno, intransigente e rigoroso: Federico Zeri, notissimo storico dell'arte scomparso nell'ottobre di dieci anni fa, non era uno che la mandava a dire. «Una grande lezione morale, in un'epoca di accomodamenti come la nostra», commenta Mauro Natale, professore all'Università di Ginevra e profondo conoscitore dell' «universo Zeri». Forse qualcuno ricorderà (con nostalgia) le incursioni televisive del critico d'arte - occhi spalancati sull'interlocutore, parlata colta ma comprensibile ai più -, giacché Zeri, pur nell'estremo rigore degli studi, amava la chiarezza e aveva il gusto della provocazione.
A dieci anni dalla morte, Milano dedica a questo gigante della storia dell'arte un convegno internazionale per riflettere sul suo metodo e sulla eredità culturale che ha lasciato: in collaborazione con la Fondazione Federico Zeri di Bologna e con l'Accademia Carrara di Bergamo, è il Poldi Pezzoli a ospitare l'evento. Una scelta motivata dal forte legame tra il museo milanese e il critico d'arte, come spiega la direttrice Annalisa Zanni, da trent'anni al museo di via Manzoni: «A Zeri dobbiamo moltissimo: con Mauro Natale ideò un nuovo catalogo della nostra collezione di dipinti: siamo stati il primo museo privato ad avere, già nell' '86, le proprie collezioni studiate e catalogate». Non è tutto: «Zeri amava molto il Poldi Pezzoli, tanto da lasciarci in eredità due dipinti preziosi della sua ricca collezione: uno del cinquecentesco Giovanni de' Vecchi e una tavoletta, che custodiva nella sua cassaforte personale, che attribuiva a Raffaello». L'attribuzione, croce e delizia degli storici dell'arte, non era il cruccio di Federico Zeri: «Per lui il critico non doveva limitarsi a questo - continua Annalisa Zanni -, ma incontrare fisicamente l'opera d'arte». La scultura, il dipinto, l'affresco sono per Zeri prima di tutto oggetti materiali, frutto dell'ingegno personale e della società che li ha prodotti. Per questo, lo storico dell'arte, lungi dall'essere un topo di biblioteca, deve allenare l'occhio e aprirsi alle diverse discipline: «Senza essere buoni conoscitori non si è nemmeno storici dell'arte», era solito dire. Oggi che cosa rimane dell'eredità di Zeri? Risponde Natale, «discepolo» del grande critico: «Lo straordinario rigore scientifico nella ricerca, unito alla volontà di trasmettere il proprio sapere: non c'era differenza tra i suoi scritti scientifici e tra gli interventi pubblici che teneva in tv o alle conferenze». In omaggio alla poliedrica personalità di Zeri, la giornata di studi di oggi al Poldi Pezzoli (dalle 9 alle 18) ha richiamato ospiti italiani e stranieri: Mauro Natale, Annalisa Zanni e Alessandra Mottola Molfino, curatori dell'evento, discuteranno, tra gli altri, con Sandrina Bandera, soprintendente per i Beni storici e artistici di Milano, Guido Guerzoni dell'Università Bocconi e Frédéric Elsig dell'Università di Ginevra.

«In un momento di crisi di identità nella storia dell'arte come il nostro, con fondi per la ricerca che languono, mostre-evento che impazzano e una gestione del patrimonio priva di uno statuto certo, - conclude Mauro Natale - l'omaggio a un uomo come Zeri, che poneva davanti a tutto il rigore etico e l'impegno, è doveroso».

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