Cronaca giudiziaria

Chiusa l'inchiesta su cascina Spiotta: indagati 4 Br per la sparatoria del '75

L’avviso è stato notificato a Lauro Azzolini, Renato Curcio, Mario Moretti e Pierluigi Zuffada. Nello scontro a fuoco morirono lìappuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso e la brigatista Margherita "Mara" Cagol

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È stato notificato oggi l'avviso della chiusura dell'inchiesta sulla morte di Giovanni D'Alfonso, l'appuntato dei carabinieri ucciso in un conflitto a fuoco con le Brigate Rosse fuori dalla cascina Spiotta, vicino ad Acqui Terme, il 5 giugno 1975. All'interno della tenuta era tenuto sotto sequestro l'imprenditore Vallarino Gancia (deceduto il 13 novembre 2022) e, quando i carabinieri tentarono il blitz, riuscito, per liberarlo nello scontro persero la vita il militare. In quella circostanza vennero gravemente feriti il tenente Umberto Rocca e il maresciallo dei Carabinieri Rosario Cattafi. Dopo la sparatoria uno dei sequestratori riuscì ad allontanarsi e ogni tentativo di identificarlo era stato finora vano. Della morte di D'Alfonso ora sono accusati il brigatista Lauro Azzolini e il capo storico delle Brigate Rosse, Renato Curcio. La moglie di quest'ultimo, Margherita "Mara" Cagol, morì anche lei durante il conflitto a fuoco. L'avviso di conclusione indagine coinvolge anche un altro capo delle Br, Mario Moretti, e Pierluigi Zuffada, tutti indagati per l'omicidio di D'Alfonso.

L'inchiesta è stata riaperta nell'ottobre 2022 in seguito a un esposto presentato da Bruno D'Alfonso, figlio di Giovanni, che una volta adulto ha seguito le orme del padre arruolandosi a sua volta nell'Arma. Uno scritto ritrovato nel covo di via Maderno a Milano (quando finì la latitanza di Curcio e della compagna Nadia Mantovani) il 18 gennaio 1976 - e rimasto incelofanato negli archivi giudiziari per oltre 40 anni - evidenziò le anomalie investigative dell’epoca e si facevano i nomi di chi sapeva e continuava a tacere. A cominciare da Curcio, custode anche della relazione sui fatti della Spiotta redatta dal brigatista scappato. Da qua la nuova attività investigativa disposta dal procuratore aggiunto Emilio Gatti e dall'allora sostituto Ciro Santoriello (oggi procuratore aggiunto a Cuneo). La svolta è arrivata nel marzo 2023, quando vennero rinvenute undici impronte digitali, capaci di riscrivere una delle pagine più sanguinose della storia delle Brigate Rosse, che appartengono all'ex capo della colonna milanese Lauro Azzolini e che hanno indotto i magistrati a ritenere che fosse lui l'uomo che 49 anni fa fuggì a colpi di arma da fuoco dalla cascina Spiotta.

Le impronte sono state trovate dai Ris di Parma su un reperto storico di quegli anni: un memoriale (sei fogli dattiloscritti e altri sette di quaderno) che riportano sulla facciata disegni a mano libera) redatto dal brigatista fuggitivo. Per gli inquirenti nessun dubbio che a realizzarlo fosse stato Azzolini. Da qua la decisione di rivolgersi al Tribunale per ottenere il via libera alla riapertura ufficiale delle indagini: Azzolini, infatti, negli anni Ottanta era già stato indagato per il rapimento e poi prosciolto dalle accuse. Le uniche tracce di quel vecchio fascicolo giudiziario sono documenti scritti a mano che fanno riferimento a un verdetto di assoluzione. Dopo il via libera del giudice torinese arrivato nel maggio 2023, gli uomini dei Ros e i magistrati hanno continuato a indagare: in Procura sono sfilati molti testimoni, tra cui gli stessi Curcio e Azzolini. Quest'ultimo – difeso dall’avvocato Davide Steccanella - si era avvalso della facoltà di non rispondere, ma aveva chiesto che alcune sue dichiarazioni, nelle quali respingeva ogni accusa, venissero messe a verbale.

Ora le indagini sono ufficialmente chiuse.

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