Nel pieno dello shock per il fermo di Federica Mogherini a Bruxelles, Eva Kaili rompe il silenzio e attacca frontalmente le autorità belghe. L’ex vicepresidente del Parlamento europeo, coinvolta tre anni fa nel Qatargate, parla da Abu Dhabi con il collegamento con il circolo dei Lettori di Torino e rievoca la stagione giudiziaria che la travolse. E nelle sue parole, riportate da La Stampa, descrive il Belgio come un Paese incapace di garantire tutele minime a chi opera nelle istituzioni europee.
“Il più grande fallimento dello Stato di diritto in Europa”
Kaili ricorda il periodo del suo arresto, quando finì dapprima in isolamento e poi in detenzione senza accuse solide. Racconta quella vicenda come uno spartiacque: "È stato il più grande fallimento dello Stato di diritto in Europa", afferma, ripercorrendo le prime fasi dell’indagine che la portò in manette mentre il caso veniva presentato come uno scandalo esplosivo e a colpevolezza presunta.
Secondo l’ex vicepresidente, il Belgio non sarebbe oggi un contesto sicuro per figure politiche, né tantomeno per rappresentanti italiani. A suo avviso, le inchieste troppo spesso partirebbero "semplicemente da ipotesi".
Il Qatargate e l’accusa di un’indagine costruita su ipotesi
Rievocando le origini del Qatargate, Kaili sostiene che le accuse vennero gonfiate e travisate. A La Stampa spiega che le intercettazioni avrebbero mostrato come il denaro contestato provenisse da "fondi privati legati a una Ong", definendo quella rete di contatti come dinamiche riconducibili alla “normale diplomazia parlamentare”.
A tre anni dall’arresto, ricorda che non esiste ancora un capo d’imputazione definitivo e che molte prove sarebbero rimaste indiziarie. Di fronte a questo stallo, accusa le autorità belghe di aver politicizzato il caso: "È stato trasformato in uno scandalo tirando in ballo la geopolitica, senza alcuna prova".
Accuse ai servizi segreti e metodi coercitivi
Nell’intervista sostiene che i servizi di intelligence avrebbero aggirato l’immunità parlamentare e redatto dossier abusivi. Accusa poi le autorità belghe di aver utilizzato strumenti coercitivi sproporzionati: racconta perfino del coinvolgimento della sua bambina di venti mesi durante le prime fasi dell’inchiesta. Kaili cita anche una lunga scia di irregolarità istituzionali: "Investigatori e giudici si sono dimessi, il direttore dell’anticorruzione è stato incriminato per gravi violazioni»" afferma, descrivendo un sistema in piena crisi di credibilità.
Il fermo di Federica Mogherini e il presunto “bersaglio Italia”
Il nuovo caso che riguarda l’ex Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, fermata nelle ultime ore, riaccende nella politica europea il timore di un clima ostile. "Sono scioccata", afferma. E aggiunge: "Quello non è un Paese sicuro per le istituzioni. Mi sembra un’operazione mirata contro l’Italia".
Una lettura che tocca un nervo scoperto anche nelle relazioni tra Bruxelles e Roma.
“Separare la politica dagli abusi della giustizia”: l’appello di Kaili
Di fronte all’ennesimo terremoto giudiziario, Kaili invita a intervenire sulla struttura delle indagini europee e sui poteri degli apparati investigativi nazionali.
Ritiene necessario stabilire confini più rigidi tra attività politica e azione giudiziaria. E conclude con una nota amara: per lei, il proprio caso avrebbe dovuto rappresentare una lezione, ma non sarebbe servito a evitare nuovi errori.