Fontana prosciolto in Appello sul "caso camici", incubo finito dopo tre anni

Il presidente della Regione Lombardia nuovamente scagionato dalle accuse di frode in pubbliche forniture che cominciarono nell'estate 2020, in piena prima ondata del Covid

Fontana prosciolto in Appello sul "caso camici", incubo finito dopo tre anni
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È stato confermato il proscioglimento per il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, in merito alle accuse di frode in pubbliche forniture per il cosiddetto "caso camici". L'ex sindaco di Varese era finito sotto inchiesta, insieme ad altre quattro persone, sull'affidamento da parte della Regione di una fornitura - poi tramutatasi in donazione - di 75mila camici e altri dpi (dispositivi di protezione individuale) alla società del cognato Andrea Dini, titolare di Dama spa, per un valore di circa mezzo milione di euro. Viene così confermata la decisione che era stata assunta il 13 maggio 2022 in udienza preliminare dal gup Chiara Valori, la quale aveva emesso sentenza di "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste" per il governatore, per Dini, per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, ex direttore generale e dirigente di Aria (la centrale acquisti regionale, e per il vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio Superti. Insomma: si chiude definitivamente senza neanche il processo la vicenda giudiziaria che vedeva coinvolto Fontana in piena prima ondata del Covid.

L'esultanza di Fontana

"Sono molto contento, me lo aspettavo ma è sempre una grande gioia vedere che la propria linearità di comportamento sia stata riconosciuta". Attilio Fontana esprime tutta la propria felicità, durante un sopralluogo a Malpensa Cargo, il proscioglimento in appello sul caso camici. "Non ho mai avuto dubbi su questo fatto e spero che se ne accorgano in tante persone". "Fontana è stato per tre anni su una graticola per una vicenda che dal punto di vista della rilevanza penale non aveva nulla". Lo ha dichiarato l'avvocato Jacopo Pensa, co-difensore insieme a Federico Papa, di Fontana, commentando la conferma in appello della sentenza di proscioglimento dall'accusa di concorso in pubbliche forniture per il caso camici. "Siamo molto soddisfatti per l'esito su cui francamente non avevamo dubbi", ha aggiunto il legale.

Non è da meno il commento del ministro dell'Autonomia, Roberto Calderoli: "Da ministro ovviamente non commento mai nessuna vicenda riguardante i vari governatori regionali. Ma stamattina sono contento, da parlamentare e da storico esponente leghista, per il completo proscioglimento, da parte della Corte d'Appello, del governatore lombardo Attilio Fontana dalla vicenda dei camici, dopo un lungo iter giudiziario durato tre anni. Ma sono soprattutto contento da amico, amico direi storico, perchè conosco Attilio da più di trent'anni, lo conosco veramente bene e con lui ne ho passate tante e come tutti nella Lega non ho mai avuto il minimo dubbio sul fatto che sarebbe stato completamente prosciolto da tutte queste accuse". Tuttavia, "resta l'amarezza, umana oltre che politica - aggiunge - per tutto quello che ha passato in questi lunghissimi tre anni, che sono tanti, perdendo tanta serenità e anche tante energie: forza Attilio, anche questa è passata e sono davvero felice per te. E da cittadino lombardo sono felice che il nostro governatore sia stato prosciolto da ogni accusa e possa continuare a lavorare serenamente per la nostra Regione Lombardia".

Le accuse prive di fondamento

Secondo l'ipotesi dei pm Furno-Filippini-Scalas, coordinati dall'allora aggiunto Romanelli, Fontana avrebbe commesso un concorso in frode in pubbliche forniture per l'inadempimento dell'iniziale fornitura sanitaria di 75mila camici per 513 mila euro al centro di un contratto del 16 aprile 2020, in piena prima ondata pandemica, tra Dama e la centrale acquisti regionale Aria. Ma che la Regione Lombardia non avesse subìto alcun danno - e che l'unico a rischiare di rimetterci di tasca sua fosse stato Fontana - era chiaro anche per i pm. Eppure il presidente Fontana era stato tenuto per due anni (tre, contando anche la decisione definitiva arrivata questa mattina) sotto inchiesta.

L'evanescenza delle accuse fu così nitida che la stessa Procura a un certo punto aveva optato per chiedere l'archiviazione. Poi ci ripensò, chiedendo il rinvio a giudizio che venne rifiutato 14 mesi fa dal giudice Valori. Nel frattempo, però, come ricordarono all’epoca i suoi legali, "il presidente è stato screditato in un momento tragico per la Lombardia". Allo stesso modo vennero screditati in quelle settimane terribili anche altri innocenti: come i vertici del Pio Albergo Trivulzio, accusati dalla Procura milanese di avere trasformato il glorioso ospizio in un lazzaretto dove il virus si muoveva da padrone; inchiesta anche questa finita in una bolla di sapone. Anche perché la vicenda dei camici si rivelò ancora più surreale, perché dei 75mila camici offerti da Andrea Dini, alla Regione, 50mila arrivarono gratis e i restanti finirono altrove soltanto perché la Regione li aveva rifiutati dopo l'esplosione dello scandalo. Che poi tanto scandalo, come hanno accertato gli stessi magistrati, evidentemente non era.

In ogni caso 36 mesi di gogna mediatica, di pettegolezzi sulla moglie e sui conti all'estero della madre, di richieste di dimissioni, non sono bastati per distruggere l'immagine e la carriera politica di un amministratore, che ha avuto pienamente ragione nel respingere tutte le accuse addebitategli e nel resistere al tentativo delle opposizioni di tirarlo giù da Palazzo Lombardia: le elezioni Regionali

dello scorso febbraio hanno del resto ampiamente confermato il suo buon governo negli ultimi cinque anni e la sua popolarità. Un consenso che la sinistra si sogna di potere minimamente conquistare. In Lombardia e non solo

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