
Sgominata la “drug delivery” alla palermitana, che vedeva i pusher consegnare stupefacenti a domicilio travestiti da rider. Stamattina un’operazione delle Fiamme gialle del capoluogo siciliano ha portato a 17 perquisizioni tra Palermo e Villabate e all’arresto di otto persone, ritenute l’asse portante dello spaccio di cocaina e hashish nei quartieri di Ballarò e Vucciria. Oltre cento uomini si sono messi in azione prima dell’alba per eseguire il provvedimento della Dda palermitana, che ha smantellato quella che l’indagine ha rivelato essere una complessa organizzazione dalla gerarchia piramidale, con compiti e ruoli assegnati e rispettati alla lettera.
Due degli arrestati, ritenuti al vertice dell’organizzazione, con il placet delle cosche di riferimento trattavano prezzi e quantità delle sostanze direttamente con canali di approvvigionamento che gli inquirenti definiscono “consolidati”, sempre gestiti da cosa nostra. Anche gli associati che erano finiti ai domiciliari venivano utilizzati per far funzionare il sistema, agendo da centralinisti, ricevendo gli ordini dei clienti e smistandoli ai pusher in attesa per le strade. Tutto, come detto, sembrava ricalcare il funzionamento delle app di food delivery: i centralinisti agli arresti domiciliari, infatti, provvedevano - una volta assegnata la consegna - a informare i clienti sui tempi di arrivo dell’ordine.
I pusher erano travestiti da rider, indossavano gli zaini di una nota piattaforma del settore e, a bordo di scooter o bici elettriche fornite “in comodato” direttamente dall’organizzazione, smerciavano cocaina e hashish dal centro di Palermo fino a Mondello a qualsiasi ora. Il lavoro, infatti, era organizzato su tre turni per coprire tutta la giornata, e ogni centralinista ai domiciliari arrivava lavorare anche 20 ore su 24 per smistare fino a 100 ordini, per un controvalore quotidiano di oltre 3000 euro: il giro d’affari accertato dagli inquirenti, nel solo periodo delle indagini, è stato di oltre 700mila euro.
Il sistema, così come era stato congegnato, ha permesso per mesi, finché gli investigatori non hanno scoperto lo stratagemma, di eludere i controlli e di non destare sospetti, anche perché per minimizzare il rischio ogni rider portava con sé solo le dosi necessarie a soddisfare l’ordine in corso, per poi rifornirsi nuovamente per la consegna successiva e ripartire. Per permettere questa “modalità” contenendo i tempi di attesa dei clienti, l’organizzazione si era preoccupata di allestire numerosi magazzini sparsi per la città, luoghi dove conservare la droga pronta per essere raccolta dai “riders” e spacciata.
A gestire queste “basi”, spesso, erano persone incensurate, sempre nell’ottica di minimizzare il rischio. Un mese fa, uno dei “custodi”, con la fedina penale all’epoca immacolata, era stato beccato durante una perquisizione domiciliare con un chilo e mezzo di hashish. E insospettabili erano anche i “tesorieri” dell’organizzazione, che si occupavano di conservare i proventi dello spaccio, raccolti in mazzette da 1000 euro e sigillate in buste sottovuoto.
Ma non tutte le persone finite nella rete dell’inchiesta sono incensurate, anzi. Molti degli arrestati, residenti a Ballarò, hanno precedenti criminali di rilievo. E tra loro c’è anche un esponente di spicco della mafia nigeriana, attivo da tempo nel quartiere.
L’uomo, già attivo nel traffico di droga ma con precedenti per altri gravi reati contro la persona, era stato arrestato un anno e mezzo fa mentre, sotto processo e scarcerato per decorrenza dei termini, progettava di fuggire dall’Italia in Nord Europa per sottrarsi alla probabile condanna definitiva: ma a quanto pare non voleva, comunque, cambiare mestiere.