Cronaca giudiziaria

"Mai una parola di ravvedimento". Chi sono i terroristi rossi protetti da Parigi

Pietrostefani, Petrella, Bergamin, ma anche Manenti, Tornaghi e Calvitti: chi sono i terroristi latitanti salvati ancora una volta dalla Francia

"Mai una parola di ravvedimento". Ecco chi sono i 10 terroristi rossi protetti da Parigi

Il rifiuto della Francia all'estradizione dei dieci ex Br degli anni di piombo in Italia era nell'aria. Fatto sta che la decisione della Cassazione transalpina è un nuovo schiaffo rivolto ai familiari delle vittime che da decenni aspettano che gli ex militanti di estrema sinistra scontino le relative pene dopo le condanne definitive inflitte loto a vario titolo tra omicidi, sequestri e altri reati.

"Era un'illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma c'è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che 'i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile e quindi l'estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare'. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c'è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà...". Così il giornalista Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi assassinato nel '72, ha commentato il responso francese.

Ma chi sono esattamente questi dieci terroristi che sono latitanti in Francia? E per che cosa sono stati ritenuti colpevoli dalla giustizia italiana?

Giorgio Pietrostefani

80 anni il prossimo 10 novembre, Giorgio Pietrostefani – di origine aquilana – aderì al movimento studentesco durante gli anni Sessanta e conobbe Adriano Sofri a Pisa mentre studiava ingegneria. Con lui fondò il gruppo di sinistra extraparlamentare Lotta Continua, di cui fu responsabile in capo del servizio d'ordine. Pietrostefani venne condannato a 22 anni, con Sofri, come mandante dell'omicidio del commissario Calabresi, avvenuto il 17 maggio del 1972. Ha scontato solo una minima parte della pena (circa 2 anni) essendosi poi rifugiato in Francia protetto dalla dottrina Mitterrand. La pena (ridotta a 16 anni da alcuni indulti, quindi 14 anni da scontare) si prescriverà nel 2027 in quanto non è stata contestata l'aggravante di attentato a fini di eversione, ma "solo" il reato comune di concorso morale in omicidio. Dopo gli anni di piombo, abbandonò l'ideologia marxista e divenne dirigente d'azienda all'Eni, alla Snam e, infine, alle Officine Meccaniche Reggiane: una posizione che mantenne fino al suo primo arresto, avvenuto nel 1988. Scarcerato nel 1999 per la revisione del processo, fu condannato ancora nel 2000 e, per sottrarsi all'esecuzione della condanna definitiva, si è reso latitante in Francia; qua gli venne accordata la protezione giuridica della dottrina Mitterrand. Nel 2016 Pietrostefani ha subìto un trapianto di fegato a causa di un tumore epatico.

Roberta Petrella

Roberta Petrella (1954) deve scontare l’ergastolo. Diventò membro di Autonomia Operaia, aderendo poi all'organizzazione terroristica Brigate Rosse col nome di battaglia di "Virginia". Fu arrestata insieme al marito Luigi Novelli il 4 gennaio 1979 e poi rilasciata per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva. Il 12 agosto 1980 fuggì, entrando in clandestinità. Divenne membro della direzione della colonna romana delle Brigate Rosse, guidata da Barbara Balzerani e venne nuovamente arrestata con Novelli il 7 dicembre 1982 a Roma, dopo un conflitto a fuoco con i carabinieri su un autobus. Fu rilasciata il 13 giugno 1986, per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Fu condannata nel processo Moro-ter, in quanto coinvolta nel rapimento di Aldo Moro (sentenza depositata il 12 ottobre 1988, confermata il 10 maggio 1993 dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione). La Corte d'Assise di Roma 6 marzo 1992 l'ha condannata all'ergastolo per l'omicidio di un agente di polizia, tentato sequestro di persona e tentato omicidio, sequestro di un magistrato, per rapina a mano armata e vari attentati.

Luigi Bergamin

Luigi Bergamin, classe 1948, è stato tra gli ideologi dei Proletari armati per il comunismo (Pac), il gruppo armato in cui militò anche Cesare Battisti. Nato a Cittadella (Padova) deve scontare una pena di 16 anni e 11 mesi di reclusione come ideatore dell'omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Battisti, e dell’agente Campagna (pena prescritta nel 2008). L'8 aprile 2022 per Bergamin sarebbe scattata la prescrizione, ma i termini sono stati interrotti dal magistrato di sorveglianza milanese Gloria Gambitta su richiesta del pm Adriana Blasco, che ha dichiarato Bergamin "delinquente abituale".

Narciso Manenti

65 anni, 40 dei quali trascorsi in Francia, il bergamasco Narciso Manenti, arredatore e gestore di una società di comunicazione ed ex membro dei "Nuclei armati per il contropotere territoriale", era stato condannato nel 1983 all'ergastolo per l'omicidio dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri avvenuto nel 1979 in Città Alta a Bergamo. L'omicidio nacque dall’intento di Manenti, che all’epoca faceva parte di un commando della banda armata del terrorismo rosso, di gambizzare il dottor Piersandro Gualteroni, ai tempi anche medico del carcere. Il pronto intervento del carabiniere Gurrieri, in borghese perché si era recato nell'ambulatorio di via Donizetti per far visitare il figlio, aveva scombinato i piani. Manenti non ha mai scontato un giorno di carcere per il delitto commesso.

Sergio Tornaghi

Sergio Tornaghi, milanese, classe 1958, era aderente alla colonna Walter Alasia delle Brigate Rosse. Venne stato condannato all'ergastolo per partecipazione a banda armata, propaganda sovversiva, attentato con finalità eversiva, porto abusivo d'armi e violenza privata. È considerato tra l'altro responsabile dell'omicidio di Renato Briano, all'epoca direttore del personale della Ercole Marelli, il 12 novembre 1980. La fabbrica era in quel periodo in liquidazione e gli elementi più estremi contestavano un recente accordo tra i dirigenti e i sindacati.

Roberta Cappelli

Romana, classe 1955, è condannata all’ergastolo con isolamento diurno per un anno per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all'incolumità. È considerata implicata negli omicidi del generale dell'Arma dei carabinieri Paolo Galvaligi, dell'agente di polizia Michele Granato, del vice questore Sebastiano Vinci e degli attentati al segretario democristiano di San Basilio a Roma Domenico Gallucci e del vicequestore Nicola Simone.

Enzo Calvitti

Nato a Mafalda, in provincia di Campobasso ,il 17 febbraio 1955, Enzo Calvitti deve scontare una pena di 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi. Calvitti è stato un militante negli anni Settanta del collettivo studentesco e operaio del Policlinico ed è accusato degli attentati avvenuti a Roma a Raffaele Cinotti (agente di custodia del carcere di Rebibbia), Sebastiano Vinci e Nicola Simone (ex dirigente della Digos). Inizialmente era considerato uno stratega dei brigatisti, ma negli ultimi tempi veniva considerato uno scissionista. Si era staccato dal Partito Comunista Combattente e dall'Unione Comunisti Combattenti per fondare un nuovo gruppo.

Giovanni Alimonti

Nato a Roma il 30 agosto del 1955, Giovanni Alimonti deve espiare 11 anni, 6 mesi e 9 giorni di reclusione e 4 anni di libertà vigilata per banda armata, associazione con finalità di terrorismo, concorso in violenza privata aggravata, concorso in falso in atti pubblici e altri reati. "Checco", questo il nome di battaglia di Alimonti, era una colonna portante della frangia romana delle Br. Aveva un ruolo fondamentale, il suo lavoro da centralinista lo fece diventare la talpa all'interno della Camera. Tra i vari reati è stato condannato per l0omicidio del vice dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone (gennaio 1982).

Maurizio Di Marzio

Ha 61 anni Maurizio Di Marzio, il quale deve scontare ancora 5 anni e 9 mesi su una condanna complessiva a 14 anni di reclusione per l'attentato al dirigente dell’ufficio di collocamento di Roma Enzo Petrosi e per il tentato sequestro del vicecapo della Digos capitolina Nicola Simone. Di Marzio era sfuggito al blitz del 28 aprile 2021 proprio in attesa del 10 maggio successivo, data in cui sarebbe scattata la prescrizione. I calcoli invece, secondo quanto venne accertato successivamente, sono stati modificati perché c'era stato un arresto a fini di estradizione nel 1994 che formalmente faceva ripartire da zero il termine di 28 anni dai fatti, cioè il doppio della condanna ricevuta. La procura di Roma ha poi vinto il ricorso in corte d'Assise che ha annullato la prescrizione decisa in precedenza.

Raffaele Ventura

Infine, Raffaele Ventura: ex delle Formazioni Comuniste Combattenti - con il nome di battaglia "Coz" - è stato condannato insieme ad altre otto persone per l'omicidio del vice brigadiere Antonino Custra il 14 maggio del 1977 a Milano, durante una manifestazione indetta dalla sinistra extraparlamentare.

Di origine varesine e residente in Francia ormai dal 1985, anche lui è stato protetto dalla dottrina Mitterrand.

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