Cronaca giudiziaria

Milano “vince” l’inchiesta sulla Ferragni. Ecco perché è "competente"

La Cassazione ha dato ragione agli inquirenti milanesi: l'inchiesta apparterrà al luogo (cioè Milano) in cui sono stati stipulati i contratti tra le aziende della influencer e la ditta dolciaria. Indagato anche il manager

Milano “vince” l’inchiesta sulla Ferragni. Ecco perché è competente

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Sarà la procura di Milano a indagare sulla vicenda di Chiara Ferragni, indagata per truffa aggravata per i pandoro rosa venduti al triplo del prezzo per via di una presunta "finta" beneficienza. La procura generale di Cassazione ha dato ragione agli inquirenti milanesi: l'inchiesta apparterrà al luogo (cioè Milano) in cui sono stati stipulati i contratti tra le aziende della imprenditrice e influencer, cioè Tbs Crew e La Felice, e la ditta dolciaria con sede a Fossano, nel cuneese. Nell'inchiesta sono indagati, oltre alla influencer, la presidente della Balocco, Alessandra Balocco e il presidente di Dolci Preziosi Franco Cannillo anche il manager della imprenditrice Fabio Maria D'Amato. Tutti sono accusati di truffa aggravata.

Inoltre l'ufficio di Milano è il primo che ha aperto un fascicolo sulla vicenda, dopo l'esposto querela presentato da Codacons in 104 procure italiane. Nella memoria depositata alla procura generale della Corte di Cassazione, il procuratore aggiunto Eugenio Fusco aveva parlato di "unico disegno criminoso" con riferimento ai tre casi di cui è accusata Ferragni e su cui indaga la Guardia di Finanza a cui sono state delegate le indagini: il pandoro gate, le uova di Pasqua con l'occhio della influencer e la bambola Trudi con le sembianze della 37enne.

Anche la procura di Cuneo, con il procuratore Onelio Dodero, aveva rivendicato la competenza, sostenendo che il presunto "'ingiusto profitto" fosse transitato per i conti della Balocco, e cioè a Fossano, nel cuneese. Anche nel capoluogo di provincia piemontese peraltro era stata delegata la locale guardia di Finanza per le acquisizioni nell'azienda dolciaria. Oggi è arrivata la decisione della procura generale.

Si va avanti quindi con Milano, che avrà il delicato compito di accertare - dopo la maxi sanzione dell'Antitrust per 1,4 milioni di euro alle tre aziende - se siano stati realmente commessi i reati ipotizzati oppure se archiviare l'inchiesta.

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