"Non emergono prove di corruzione". Perché Catella è tornato libero

Pubblicate le motivazioni con cui il Tribunale ha annullato la decisione del gip: "In nessuna chat si coglie alcun riferimento all'esistenza di un patto corruttivo"

"Non emergono prove di corruzione". Perché Catella è tornato libero
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I "gravi indizi di colpevolezza" per il reato di corruzione mancherebbero totalmente: è questo il motivo per il quale il Tribunale del Riesame di Milano ha annullato l'ordinanza con cui il gip aveva invece disposto gli arresti domiciliari per Manfredi Catella, amministratore delegato di Coima. Quest'ultimo è indagato per corruzione in concorso con l'architetto Alessandro Scandurra, ex componente della Commissione paesaggio del Comune di Milano, al quale Coima avrebbe affidato incarichi professionali per un totale di 138mila euro. In cambio, per i pubblici ministeri, Scandurra avrebbe dovuto piegare le valutazioni della Commissione in favore dei progetti di interesse della società, tra cui il progetto del Pirellino.

Qualche mese fa il gip aveva individuato i presunti gravi indizi di colpevolezza rispetto a un episodio in particolare: ovvero la partecipazione di Scandurra a una seduta del 5 ottobre 2023. Per il gip, in quell'occasione l'architetto avrebbe dovuto astenersi dal voto. Inoltre, il giudice per le indagini preliminari aveva individuato in una fattura da oltre 28.500 euro emessa da Scandurra nei confronti di Coima - ritenuta "oggettivamente falsa" per cifre e tempistiche - e nell'incarico di uno studio di fattibilità per lo studentato di via Messina affidato da Coima a Scandurra nel 2023, elementi dimostrativi di corruzione. Tuttavia, secondo il Riesame, manca la prova del patto corruttivo tra i due professionisti.

La fattura non è sufficiente a dimostrare la corruzione, spiegano, se riferita ad attività professionali effettivamente svolte e regolarmente documentate. Nel caso concreto, la fattura contestata corrispondeva al compenso previsto da un contratto di due diligence legato all’acquisizione di aree da parte di Coima, mentre l'incarico per lo studentato era giustificato dall'aggiudicazione del lotto e dai tempi fissati dal bando del Ministero. Per i giudici, il gip era arrivato a ritenere l'esistenza dell'accordo corruttivo con un "ragionamento congetturale", utilizzando il rapporto economico come prova della corruzione e della violazione del dovere di astensione da parte di Scandurra.

I giudici del Riesame sottolineano che non emergono contatti diretti tra Catella e Scandurra, né conversazioni che facciano pensare a un "pactum sceleris - in poche parole l'accordo criminoso - necessario ai fini dell'accertamento del reato di corruzione propria". Le chat acquisite agli atti descrivono semmai, spiegano ancora i giudici, rapporti di confidenza tra professionisti e funzionari, a volte impropri, ma non accordi illeciti. Inoltre, la partecipazione di Scandurra alle sedute della Commissione non risulta determinante per il Riesame, né condizionante per il voto finale espresso da un collegio di undici membri.

In conclusione, "in nessuno dei messaggi rinvenuti e trascritti scambiati tra i soggetti coinvolti nella vicenda in esame, ivi compreso Catella, si coglie alcun riferimento all'esistenza di un patto corruttivo - ribadisce il Riesame - né si palesa alcuna sollecitazione da parte dei privati affinché Scandurra si adoperasse positivamente coltivando adeguatamente il loro interesse".

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