
Uno o due assassini? Un'arma sola (mai ritrovata) o più d'una? È questo il dubbio degli inquirenti, come già della difesa di Alberto Stasi che ha più volte negli anni provato a gettare in campo anche questa ipotesi, al lavoro ieri per tutto il giorno per la ricostruzione in 3d della scena del crimine. Che, va ricordato in tempi di grande clamore mediatico, oggi come quel terribile 13 agosto 2007 è la casa della famiglia Poggi. Qui vivono infatti, dopo i lavori di pulizia e tinteggiatura, Rita Preda e Giuseppe Poggi, che da 18 anni piangono la loro primogenita Chiara, uccisa brutalmente. La sua cameretta è rimasta intatta e conserva gli oggetti di allora.
Nella nuova indagine su un amico del fratello della ragazza, Andrea Sempio, va da sé che ogni dettaglio verrà analizzato e non lasciato inesplorato. Ecco perché dopo avere dragato, con i vigili del fuoco, il canale Tromello, non distante da Garlasco, alla ricerca di un "attizzatoio" o forse "un martello a coda di rondine", gli investigatori della Squadra omicidi del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano, ieri si sono messi al lavoro sulla casa in cui Poggi fu uccisa. C'era la necessità di riguardare, per gli inquirenti di oggi che mai avevano messo piede nella villetta di via Pascoli, la "scena del crimine".
Inquirenti che oggi si avvalgono del Ris di Cagliari, guidato da una figura di spicco: il biologo Andrea Berti, arrivato in Sardegna dopo una lunga esperienza al Reperto investigazioni scientifiche di Roma, prima come ufficiale addetto e poi, dal 2010, come comandante della Sezione di Biologia. Berti ha svolto e coordinato analisi su "cold Case” più noti alla cronaca, tra cui l’omicidio di Pier Paolo Pasolini e quello di Elisa Claps, e in quanto ufficiale del Ris di Roma, ha supportato il lavoro della Commissione Parlamentare di inchiesta sull’omicidio di Aldo Moro.
Gli approfondimenti mirano a misurare nuovamente tutti i vani, dal pavimento dell'ingresso al piano terreno, in cui la giovane fu colpita alle spalle, poi trascinata fino alla porta delle scale e infine gettata giù dalla scala che porta alla cantina. E a queste misurazioni (un drone ha sorvolato la casa dall'alto per fotografare ogni angolo) si aggiungeranno le nuove risultanze investigative della neo indagine, come l'impronta papillare 33 ritrovata sulla parete destra della scala che porta alla cantina (senza sangue e non databile) e attribuita a Sempio, il quale però ha spiegato più volte (e senza essere stato mai smentito) che frequentava tutte le stanze della casa quando veniva a trovare il fratello di Chiara. Sul modellino 3d verrà anche effettuata la Bloodstain pattern analysis (Bpa), lo studio di una scena del crimine attraverso la disposizione delle tracce ematiche, che verranno virtualmente posizionate al fine di ristudiare nuovamente la dinamica.
Già nel 2014 la villa dei Poggi era stato oggetto di una perizia affidata ai consulenti della Corte d'appello di Milano Gabriele Bitelli, Roberto Testi e Luca Vittuari. Una relazione che ha stabilito che Stasi - che non si sporcò le scarpe quando entrò nella villetta dei Poggi - non poteva che essere l'assassino della fidanzata, in quanto le "possibilità di non calpestamento" del sangue entrando o uscendo "dal disimpegno" delle scale in cui è stato trovato il cadavere di Chiara Poggi sono dello "0,00038%" per chi si fosse fermato al primo scalino e dello "0,00002%" per chi si fosse bloccato al secondo, come ha raccontato l'ex fidanzato della vittima.
Un'analisi tecnica che ha di fatto portato alla successiva condanna di Stasi, in seguito diventata definitiva, poiché le sue conclusioni hanno fatto emergere le incongruenze nel racconto dell'allora studente della Bocconi, sempre professatosi innocente, e che a breve uscirà dal carcere dopo avere scontato per buona parte la sua pena.