Cronaca giudiziaria

"Tutti sapevano, ora urlo". La lettera di Massimo Bossetti dal carcere

L'ex muratore di Mapello, condannato per l'omicidio di Yara Gambirasio, torna a parlare dei 54 campioni di Dna trasferiti da Milano a Bergamo. La lettera: "Dal giorno del mio arresto chiesi di ripetere quell'esame"

"Tutti sapevano, ora urlo". La lettera di Massimo Bossetti dal carcere

"Chi è quel pazzo che chiede insistentemente di poter ripetere l’esame del DNA se fosse coinvolto in un omicidio dove le proprie responsabilità gli si schiaccerebbero addosso come pietre tombali?". Comincia così la lunga lettera che Massimo Bossetti ha scritto in carcere e inviato al conduttore di "Iceberg", il giornalista Marco Oliva. L'ex muratore di Mapello, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, torna a parlare dei 54 campioni di Dna che, nel 2019, furono trasferiti dall'ospedale San Raffaele di Milano all'Ufficio Corpi di Reato di Bergamo. "Mi chiedo, perché doverlo asportare da dove era ben custodito in appositi congelatori. - mette nero su bianco -Nessuno mi ha mai preso in considerazione quando ho chiesto di ripetere l'esame".

La lettera di Bossetti

Massimo Bossetti fu arrestato dopo che il dna di "Ignoto Uno" risultò parzialmente compatibile con il suo profilo genetico. "E’ dal giorno del mio arresto, vergognoso e disumano, - scrive Bossetti nella missiva rilanciata da Dagospia - che chiesi con insistenza durante ore e ore di stressanti interrogatori di poter ripetere questo esame di un dato risultato essere monco e non certo sulla mia appartenenza". Poi continua: "Lo chiesi ripetutamente durante tutte le fasi processuali implorando, supplicando, chiedendolo in ginocchio fino alla sentenza, ma mai e poi mai, che venissi preso una sola volta in considerazione e concesso nel farlo, rispondendomi solo che il materiale in questione era stato tutto consumato nel corso delle varie consulenze e ritenuto pacificamente inesistente".

Le 54 provette di Dna

La questione relativa alle 54 provette di Dna prelevato dai vestiti della povera Yara è stata, da sempre, motivo di attrito tra i legali di Bossetti e le Procure. Nei mesi scorsi, la difesa dell'ex muratore bergamasco ha presentato un esposto contro Letizia Ruggeri, l'ex pm che ordinò di trasferire i reperti da Milano a Bergamo. Riassumendo: gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini ritengono che quei campioni di materiale genetico potrebbero essersi deteriorati durante il trasferimento dal San Raffaele all'Ufficio Corpi di Reato per via della presunta interruzione della catena del freddo. "Perché dovermi negare un’evidenza quando TUTTI ne erano ben consapevoli sull’esistenza di questo DNA, dove pure gli stessi consulenti dell’accusa affermano che esiste in 'Grande quantità e in Abbondanza' per essere ripetuto, essendo stato mantenuto protetto e garantito al San Raffaele?", domanda Bossetti."Mi chiedo, perché doverlo asportare da dove era ben custodito in appositi congelatori, - scrive - a quale garantivano l’efficacia e l’integrità del materiale ad una temperatura costante di meno 80 gradi, per poi essere trasferito all’ufficio Corpo di reato adagiandolo sopra uno scaffale in scatole di cartone ad una temperatura ambiente, pur nella consapevolezza che tale ufficio ne fosse sprovvisto di strutture idonee alla corretta conservazione, affinché, potesse restare idoneo e garantito per un’eventuale accertamento sull’esame se proprio non si avesse avuto nulla da temere?".

Nelle righe conclusive della lettera, Bossetti si lascia andare a un duro sfogo: "Nessuno avrebbe dovuto provocare la distruzione dei campioni in sequestro se non c’è un provvedimento emesso da un giudice che lo attesti! Tutto questo assurdo atteggiamento, lo trovo inappropriato, inopportuno e imperdonabile".

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