
Una delle due vittime dell’attacco alla sinagoga di Manchester avvenuto ieri è stata uccisa dalla polizia. La conferma è arrivata dalla Greater Manchester Police: sulla base degli esami condotti sul cadavere, uno dei due fedeli morti è stato raggiunto dal “fuoco amico” degli agenti intervenuti per neutralizzare l'aggressore Jihadi al Shamie, entrato in azione nel giorno del Kippur. Anche uno dei tre feriti sarebbe stato colpito da un’arma da fuoco e quindi dalla polizia, ma le sue condizioni non destano preoccupazione.
Secondo quanto confermato dal comandante della Greater Manchester Police Stephen Watson, i due erano vicino all'ingresso della sinagoga, non lontano dall'assalitore. Si ritiene che entrambe le vittime ferite da arma da fuoco fossero "strette l'una accanto all'altra dietro la porta della sinagoga, mentre i fedeli si sono comportati coraggiosamente per impedire all'aggressore di entrare". Per il momento non è stato reso noto chi tra Melvin Cravitz (66 anni) e Adrian Daulby (53 anni) è stato colpito dalla polizia. "I nostri pensieri e le nostre preghiere sono rivolti a tutte le famiglie e alla comunità in generale, colpite da questo incidente nella Greater Manchester e oltre. Gli operatori specializzati stanno fornendo supporto e assistenza a tutti coloro che sono stati direttamente colpiti, compresi i nostri coraggiosi soccorritori” conclude la nota delle autorità.
Il dibattito sull’attentato di Manchester prosegue senza sosta. La comunità ebraica ha denunciato l’odio dilagante – negli ultimi mesi si sono moltiplicate le minacce e le aggressioni – mentre il premier Keir Starmer ha assicurato tolleranza zero contro la violenza "dell'antisemitismo risorgente".
La ministra dell'Interno Shabana Mahmood ha auspicato "un passo indietro" da parte dei manifestanti pro Pal. L'attentatore, Jihadi al-Shamie, era un 35enne senza apparenti precedenti. L’uomo era entrato nel paese con la famiglia in fuga dalla Siria laica di Assad e divenuto cittadino britannico nel 2006.