Cronaca internazionale

Criptovalute, tasse e investimenti: così si finanziano i macellai di Hamas

Enti di beneficenza, tasse, investimenti immobiliari e nel mondo delle costruzioni, criptovalute: così si finanzia la rete del terrore di Hamas

Criptovalute, tasse e investimenti: così si finanziano i macellai di Hamas

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Criptovalute, tasse e investimenti: così si finanziano i macellai di Hamas

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Come si sostiene Hamas, l'organizzazione islamista palestinese responsabile dell'attacco terroristico ai danni di Israele dello scorso 7 ottobre? Secondo l'agenzia Reuters, attraverso una fitta rete internazionale che stanzia le risorse attraverso enti benefici, facendo transitare il denaro attraverso i tunnel di Gaza o utilizzando le criptovalute per aggirare le sanzioni internazionali. Senza soldi, è impossibile mettere in campo un attacco su vasta scala come quello del 7 ottobre, l'11 settembre israeliano: basti pensare alla quantità di razzi lanciata contro Israele in un solo giorno, una cifra che oscila dai 2.500 ai 5.000. Non dovrebbe sorprendere perché l'organizzazione palestinse, in realtà, è sempre stata molto ricca: tant'è che nel 2014 Forbes la definì uno dei gruppi terroristici più ricchi del mondo. Si stima infatti che il fatturato annuo di Hamas raggiungesse allora il miliardo di dollari (942 milioni di euro), proveniente da tasse e commissioni, aiuti finanziari e donazioni.

Le criptovalute

La scorsa settimana la polizia israeliana ha annunciatoi di aver congelato un conto bancario presso la banca britannica Barclays che, secondo le autorità di Tel Aviv, era destinato a racoggliere fondi per Hamas e di aver bloccato i portafogli di criptovalute ricondicubili all'organizzazione palestinese utilizzati per raccogliere donazioni. Su pressione di Tel Aviv, anche la più grande borsa di criptovalute del mondo, Binance, ha così deciso di congelato centinaia di conti di criptovalute associati all'organizzazione palestinese,: secondo il Wall Street Journal, i portafogli collegati ad Hamas hanno ricevuto circa 41 milioni di dollari negli ultimi due anni, secondo i dati diffusi dalla società di analisi e software di criptovalute BitOK, con sede a Tel Aviv. Non solo: secondo Euronews, anche il Movimento per il Jihad Islamico in Palestina, un altro gruppo terroristico sospettato di aver preso parte all'attacco di sabato 7 ottobre, ha ricevuto 93 milioni di dollari in criptovalute nello stesso periodo, secondo i dati del ricercatore di criptovalute Elliptic.

Tasse e investimenti

Sempre secondo l'analisi di Euronews, nel 2022 Hamas è riuscita a raccogliere più di 500 milioni di dollari (471,5 milioni di euro) grazie a una serie di investimenti mirati in società con sede in Turchia, Arabia Saudita, Algeria e persino in Sudan, principalmente nel settore immobiliare o delle costruzioni. Altra fonte importante di finanziamenti è rappresentata dalle tasse: nel 2022, gli abitanti della Striscia di Gaza hanno protestato contro la decisione di Hamas di introdurre una serie di dazi sui vestiti e sulle forniture per ufficio importate,, oltre a nuove tasse su 24 prodotti importati come acqua minerale, succhi e biscotti e una tassa del 12,5% sulle auto importate che entrano a Gaza. Tasse che non hanno fatto altro che impoverire la popolazione della Striscia.

Secondo un rapporto di Al-Monitor dello scorso maggio, infatti, gli aumenti di tasse imposti dall'organizzazione islamista hanno ulteriormente gravato sugli abitanti di Gaza che già soffrivano del deterioramento delle condizioni economiche. Circa 100.000 famiglie di Gaza hanno ricevuto uno stipendio mensile di 100 dollari dal Qatar come parte di un pacchetto di aiuti annunciato nel 2014. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione nell'enclave ha raggiunto, in quel periodo, il 45%, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, mentre il 60% della popolazione, prima dell'escalation iniziata il 7 ottobre, necessitava di assistenza umanitaria. Si stima che Hamas raccogla ogni anno circa 15 milioni di dollari in tasse.

La rete delle Ong

Hama conta poi su una fitta rete di Ong solidali con la causa palestinese che si sono rifiutate di condannare in maniera esplicita l'attacco terroristico del 7 ottobre. È il caso, ad esempio, di Al-Haq, ong con sede a Ramallah (finanziata da Svezia, Germania, Francia, Danimarca, agenzie delle Nazioni Unite). Come rileva Ngo Monitor, il 10 ottobre, Ziad Hmaidan, capo dell'unità di formazione e sviluppo delle capacità di Al-Haq, ha scritto su Facebook: "È scritto nell'Hadith: devi intraprendere la jihad. La migliore jihad è prepararsi per la guerra". Il 9 ottobre, aveva scritto sui social: "Solo alla Palestina diamo tutto, finché non sarà soddisfatta. E per quello che vuole il mondo, che vada all’inferno". Reazioni simili anche da 7amleh - finanziata da Ue, Svizzera, Norvegia, Germania - e Addameer.

Secondo gli israeliani, una parte del flusso di denaro che arriva in Palestina per scopi umanitari finisce direttamente nelle casse di Hamas: a giudicare dalle posizioni espresse dai rappresentanti delle Ong, difficile credere il contrario.

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