Di fronte alla crescente pressione militare della Cina, Taiwan sta cercando di trasformare il proprio sistema di difesa aerea in una rete integrata, intelligente e multilivello, capace di resistere a un attacco complesso fatto di missili, droni, guerra elettronica e aviazione. Il cuore di questa strategia è quella che il presidente William Lai ha definito una "difesa a strati", pensata non come un singolo scudo, ma come un sistema interconnesso che copre l'intera isola. L'obiettivo? Costruire una sorta di cupola di sicurezza nazionale, spesso descritta come "T-Dome", in grado di individuare, tracciare e intercettare le minacce in ogni fase del loro avvicinamento. Non si tratta solo di avere più missili o radar, ma di far dialogare tra loro sensori e armi diverse, unificando le informazioni in tempo reale.
La cupola di Taiwan
Il principio di base coincide con la connettività. Satelliti, radar terrestri, aerei senza pilota e sistemi navali dovrebbero alimentare un'unica rete di comando e controllo. Questa rete, supportata dall'intelligenza artificiale, avrebbe il compito di analizzare enormi quantità di dati, distinguere le minacce reali dai falsi allarmi e assegnare automaticamente il miglior sistema di intercettazione disponibile. Secondo il South China Morning Post, Lai immagina la difesa dell'isola come un grande "ombrello intelligente", in grado di reagire in modo rapido e coordinato contro missili balistici, cruise, droni, razzi e caccia. Un modello che richiama i moderni sistemi di sicurezza integrata, applicati però su scala nazionale e in un contesto di guerra ad alta intensità.
Taiwan dispone di una delle reti di difesa aerea più dense al mondo in rapporto alle sue dimensioni. Include sistemi statunitensi come i Patriot PAC-3 e gli Himars, missili terra-aria Nasams di produzione norvegese, oltre a sistemi indigeni come i Tien Kung e piattaforme anti-drone sviluppate localmente. Il problema, sottolineano molti analisti, è che questi sistemi non sono sempre pienamente integrati.
Oggi, infatti, molte piattaforme operano ancora in silos: i Patriot utilizzano i propri radar e protocolli, mentre i sistemi taiwanesi fanno affidamento su catene di comando e sensori differenti. Questo significa che la condivisione delle informazioni risulta spesso limitata alla consapevolezza generale della situazione, ma non arriva al livello di precisione necessario per un'intercettazione immediata.
Lacune critiche
Queste lacune diventano critiche di fronte alle tattiche cinesi di saturazione ibrida, che combinano missili balistici, droni, attacchi elettronici e munizioni a basso costo per sovraccaricare i sensori e consumare gli intercettori più preziosi. In uno scenario simile, se un radar perde un bersaglio per interferenze o per la conformazione del terreno, un altro sensore dovrebbe poterlo seguire senza ritardi né incompatibilità tecniche.
Per colmare questi vuoti, Taiwan guarda con interesse a sistemi avanzati di comando e controllo, basati sul concetto di "qualsiasi sensore, il miglior tiratore".
In altre parole, ogni sensore può fornire dati a qualsiasi arma, e il sistema decide quale intercettore usare in base a velocità, quota e pericolosità della minaccia. Questo permetterebbe anche di gestire meglio le scorte, riservando i missili più costosi ai bersagli più pericolosi. Le sfide non mancano ma la strada sembrerebbe essere ormai tracciata.