Morte Navalny, ecco perché Putin si è arreso alla Chiesa ortodossa

Ieri ha avuto termine il braccio di ferro tra la famiglia di Alexei Navalny e le autorità russe. La scelta non è casuale

Morte Navalny, ecco perché Putin si è arreso alla Chiesa ortodossa

La morte di Alexei Navalny non smette di essere sequenza di tragedia e colpi di scena, soprattutto nella battaglia tra la famiglia del dissidente russo e il Cremlino. La restituzione della salma, dopo una serie di appelli disperati della madre Lyudmila nei giorni scorsi, coglie di sorpresa perché sulle prime le autorità russe avevano dichiarato che il corpo non sarebbe stato consegnato alla famiglia prima di 14 giorni. A questo si era aggiunto l'orrore delle minacce alla famiglia, alla quale era stato chiesto di accettare un funerale segreto: la signora Navalnaya aveva addirittura dichiarato che gli inquirenti avrebbero minacciato di infierire sul cadavere del figlio qualora non fosse stato accettato il protocollo scelto dall'alto.

Perché il Cremlino ha restituito la salma di Navalny

Eppure, in questo buco nero fatto di diritti negati, di uso e abuso della storia, Vladimir Putin sembra aver ceduto di fronte a un timore dal sapore medioevale: quello di inimicarsi la Chiesa ortodossa russa, suo braccio spirituale, protettrice dell' "operazione speciale", potente strumento di governo. La data di ieri, giorno in cui è avvenuta la restituzione della salma, infatti, rappresenta il nono giorno dalla morte di Navalny. Nella liturgia ortodossa, il nono giorno dalla morte di qualcuno si svolge il cosiddetto pominki: si tratta di una serie di riti legati all'anima del defunto che si presenta a Dio. Gli amici e i parenti, dunque, si riuniscono in casa del defunto per ricordarlo e pregare per lui: una tradizione molto simile alla "messa degli otto giorni" che ricorre nella tradizione cattolica e che viene conservata dalle famiglie più tradizionaliste.

Il pominki prevede non solo ricordo e preghiera, ma è una vera cena di commiato: infatti, non è detto che debba svolgersi esclusivamente a casa del defunto, ma può aver luogo in un bar o in un ristorante, a patto che non vi sia musica ad altro volume oppure ospiti estranei. In occasione del pominki potranno essere consumati piatti della tradizione, a seconda delle preferenze, ma ciò che non potrà mai mancare è la kutia, ricetta a base di riso e uvetta. Il piatto che la contiene dovrà girare fra i commensali che, prendendone una piccola porzione ciascuno, augureranno al defunto di andare in pace. Anche l'alcol è una parte importante della tradizione del pominki: cognac, vino e vodka sono espressioni di saluto per il defunto e nessuno-tranne malati e bambini-potrà rifiutarsi di bere alla sua memoria.

Perché il "nono giorno" dalla morte di Navalny è un problema per Putin

La questione del pominki avrebbe potuto e può generare a Putin due ordini di problemi. Il primo: infrangere la tradizione ortodossa, con il conseguente rischio di perdere credibilità di fronte alla nazione, ma soprattutto di privarsi della maschera da ortodosso duro e puro. Il secondo: il funerale e il pominki per Navalny ora rischiano di diventare una questione di ordine pubblico. Il più grande timore, infatti, è la memorializzazione eventuale della sua tomba e i numeri che riguarderanno le sue esequie. La pubblicità dell'eroe è infatti altamente controproducente per il regime, esattamente come accadde per Andrej Sakharov e tutti quelli che sono venuti dopo, compreso Boris Nemtsov, amico e alleato di Navalny ucciso nel 2015.

Sostenitori di Alexei Navalny hanno onorato la sua memoria nella cattedrale moscovita del Cristo Salvatore, uno dei simboli della rinascita della Chiesa ortodossa nella Russia post-sovietica. A quanto scrive Meduza, il sito Sota.vison ha mostrato le immagini di decine di persone in fila all'ingresso della cattedrale. La polizia ha identificato tutti all'uscita. I sostenitori di Navalny erano stati invitati dalla giornalista Ekaterina Duntsova a riunirsi ieri nelle principali chiese delle loro città per onorarne la memoria. Anche San Pietroburgo la gente si è recata nella cattedrale Smolny: alle 15.30 di ieri vi erano una trentina di persone che hanno acceso candele e portato garofani. Anche qui la polizia ha controllato chi usciva dalla chiesa. In altre città vi sono state deposizioni di fiori davanti ai monumenti per le vittime della repressione politica. Onorare Navalny nelle chiese ora diventa una sfida diretta al presidente russo che si proclama difensore dei valori tradizionali della Chiesa ortodossa.

Il nodo del funerale di Navalny

Il team del dissidente aveva detto in precedenza che il Cremlino voleva evitare il funerale pubblico, che potrebbe trasformarsi in una dimostrazione di sostegno al movimento di Navalny e alla sua opposizione a Putin. Il leader russo, che non ha mai pronunciato il nome di Navalny in pubblico, non ha ancora pronunciato una parola sulla morte del suo acerrimo nemico. Nel frattempo, le manifestazioni di cordoglio proseguono, anche perchè i rituali "del nono giorno" prevedono anche che qualsiasi credente possa recarsi in Chiesa per consegnare ad un sacerdote dei biglietti con il nome di battesimo del defunto, affinché ne tenga memoria nelle sue preghiere.

Oggi anche il decimo giorno è giunto, e si profila un nuovo problema in vista delle esequie. L'intento del Cremlino è quello di contenere il più possibile l'impatto mediatico del funerale, ecco perché più di qualcuno nei circoli putiniani avrebbe paventato l'idea dell'isolato cimitero di Khovanskoye, nell'estrema periferia di Mosca.

Secondo il volere dei collaboratori e della famiglia-ove pare profilarsi uno scontro tra la madre e la moglie di Navalny-si preferirebbe il cimitero di Troekurovskoye, dove riposano sia Nemtsov che la giornalista Anna Politkovskaja: se questo volere venisse assecondato, Troekurovskoye rischierebbe di trasformarsi in un vero mausoleo alla dissidenza, la prova tangibile degli orrori commessi dal Cremlino negli ultimi vent'anni.

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