Furto al Louvre, ecco qual era la password che (non) proteggeva la sicurezza del museo

Il “colpo del secolo” al museo più famoso del mondo continua a far tremare la Francia. Emergono falle clamorose nella sicurezza informatica del Louvre come la password del sistema di videosorveglianza che ora imbarazza la Francia

Furto al Louvre, ecco qual era la password che (non) proteggeva la sicurezza del museo

Poco dopo l’apertura del museo, un camion con montacarichi parcheggiato contromano sulla facciata che affaccia sulla Senna diventa la chiave di accesso a una delle rapine più audaci della storia recente del Louvre. Due uomini penetrano nella Galleria di Apollo, la sala che ospita alcuni dei tesori più preziosi di Francia. In pochi minuti tagliano le vetrine con smerigliatrici, afferrano i gioielli e fuggono, lasciandosi dietro solo frammenti di vetro e silenzio.

Il bottino stimato: 88 milioni di euro in gioielli. L’operazione, perfettamente coordinata, dura meno di dieci minuti. All’esterno, due complici li attendono con scooter Yamaha T Max. In fuga, i banditi abbandonano però una scia di indizi che si rivelerà decisiva.

“I sistemi hanno funzionato”, poi la retromarcia del ministero

All’inizio, la reazione ufficiale del governo francese è di difesa e orgoglio. La ministra della Cultura, Rachida Dati, dichiara che "i sistemi di allarme hanno funzionato" e che l’intervento dei vigilanti è stato "immediato". Ma a pochi giorni di distanza, davanti alla Commissione Cultura del Senato, il tono cambia radicalmente.

Dati ammette pubblicamente che "ci sono state mancanze nella sicurezza" e promette "un’inchiesta approfondita sulle lacune e sulle responsabilità". Un passo obbligato, dopo che il quotidiano Libération ha pubblicato un’inchiesta che svela una verità imbarazzante: i problemi di sicurezza del Louvre non sono nuovi, ma risalgono ad anni fa.

La password che imbarazza

Secondo i documenti consultati da Libération, già nel 2014 l’Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informatici (ANSSI) aveva condotto un’ispezione al Louvre, su richiesta dello stesso museo. Tre esperti avevano analizzato la rete informatica collegata alle videocamere di sorveglianza, agli allarmi e ai controlli di accesso.

Il risultato? Allarmante. Nel rapporto, gli ispettori scrivevano che "chiunque riuscisse a prendere il controllo della rete informatica del museo potrebbe facilitare un furto di opere d’arte". E la scoperta più sorprendente: la password per accedere al server della videosorveglianza era “Louvre”.Quella per un software di sicurezza della società Thalès era “Thales”. Una semplicità disarmante, che ha fatto il giro del mondo e che oggi assume un peso enorme nel valutare le responsabilità del museo.

Un furto annunciato

A dieci anni da quell’allarme, sembra che poco sia cambiato. Gli investigatori parlano di una cultura della leggerezza nella gestione della sicurezza, aggravata da appalti frammentati e manutenzioni parziali. Eppure, nonostante i segnali, nessuno avrebbe previsto che la falla potesse trasformarsi in un “colpo del secolo”.

Il furto del 20 ottobre è avvenuto in pieno giorno, senza forzature e senza che nessuno notasse qualcosa di anomalo fino a dopo la fuga. Le immagini delle telecamere, che dovevano essere il principale alleato dell’indagine, si sono rivelate poco chiare e incomplete. Dopo una settimana di silenzio e depistaggi, la polizia francese ha effettuato due ondate di arresti, il 25 e il 29 ottobre.

Chi sono gli arrestati

I due uomini di 37 anni, principali sospettati avevano entrambi precedenti per furto risalenti al 2015. Lo scrive Le Figaro, citando dichiarazione rilasciate ai media dalla procuratrice di Parigi che coordina le indagini sul caso, Laure Beccuau. Due settimane dopo il colpo al museo parigino, scrive il giornale conservatore francese "i profili dei presunti membri del commando stanno diventando più chiari, ben lontani dall'immagine di criminalità organizzata che una rapina di queste dimensioni avrebbe potuto suggerire".

In totale, sette persone sono state arrestate durante due successive ondate di arresti avvenuti a Parigi, all'aeroporto di Roissy e a Seine-Saint-Denis. Quattro di loro, tre uomini e una donna, sono stati accusati di "rapina organizzata" e "associazione a delinquere". Altri tre sono stati rilasciati dopo la custodia cautelare in carcere lo scorso fine settimana. "Sono gente del posto; vivevano tutti più o meno a Seine-Saint-Denis." "Quello che stiamo vedendo sono profili poco noti nel mondo della criminalità organizzata, ma che emergono rapidamente per essere coinvolti in crimini organizzati estremamente gravi", ha spiegato Beccuau ospite oggi di Franceinfo.

Le tracce lasciate e le prove del DNA

La fuga dei rapinatori non è durata a lungo. Sulla scena del crimine sono stati rinvenuti caschi, smerigliatrici, guanti e un gilet da operaio, tutti ricchi di tracce genetiche. Proprio queste prove, analizzate nei laboratori della polizia scientifica, hanno permesso di identificare e rintracciare i sospetti.

Gli investigatori, tuttavia, sono ancora a caccia di un altro uomo e, soprattutto, del bottino, che non è mai stato ritrovato. Le ipotesi spaziano da una vendita nel mercato nero dell’arte a un trasferimento immediato all’estero, forse verso paesi dell’Est Europa o del Medio Oriente.

Il mistero dei gioielli scomparsi

Il ministro dell’Interno Laurent Nuñez ha confermato che "sono in corso verifiche su diverse reti del mercato parallelo" e ha espresso fiducia: "Spero che non vengano venduti e che si riesca a recuperarli". Ma al momento, dei gioielli dal valore inestimabile non c’è traccia.

Le autorità francesi temono che le pietre preziose possano essere smontate o rivendute singolarmente, rendendone impossibile la tracciabilità. Un destino già toccato ad altri tesori rubati nella storia, spesso dispersi in modo irreversibile.

Un’ombra sulla reputazione del Louvre

Il Louvre, simbolo dell’arte e della cultura mondiale, si trova ora nel mirino dell’opinione pubblica. Il furto ha messo a nudo debolezze strutturali, ma anche problemi di gestione e trasparenza che da anni covavano sotto la superficie.

Per Rachida Dati, che punta alla corsa per la sindacatura di Parigi, la vicenda rappresenta un colpo politico pesantissimo. L’inchiesta amministrativa prosegue, ma il danno d’immagine è già incalcolabile: il museo che custodisce la Gioconda non è riuscito a proteggere nemmeno se stesso.

Un furto che diventa simbolo

Il caso del Louvre va oltre la cronaca nera. È la fotografia di un’epoca in cui la tecnologia può essere al tempo stesso guardiana e punto debole, e in cui persino le istituzioni più solide possono cedere davanti a una banale password.

Arresti, gioielli scomparsi e un’ombra lunga sulla sicurezza del museo più visitato del mondo: la storia del furto al Louvre è solo all’inizio. E se la password più sorvegliata di Francia era davvero “Louvre”, forse la vera domanda è un’altra: quante altre porte, nel mondo dell’arte e oltre, sono ancora così facili da aprire?

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