Mélenchon nella bufera: la sinistra francese non condanna l'attacco di Hamas

Mélenchon, leader di France Insoumise, non condanna l'attacco di Hamas in Israele. Una deriva illogica nel Paese che ha sofferto stragi come Charlie Hebdo e il Bataclan

Mélenchon nella bufera: la sinistra francese non condanna l'attacco di Hamas

Mélenchon conferma un vecchio paradigma francese: cambiano i decenni ma la sinistra radicale francese non rinuncia mai alla difesa dei terroristi.

La condanna (mancata) di Melènchon

"Non cambieremo di un millimetro la nostra posizione, che è quella dei partigiani della pace": lo ha ribadito ancora una volta anche la capogruppo della France Insoumise (Lfi) all'Assemblea Nazionale francese, Mathilde Panot, in risposta al fiume di critiche provenienti da tutti i fronti per le posizioni assunte dal suo partito dopo l'attacco di Hamas contro Israele. "La France Insoumise - ha dichiarato Panot - è il movimento della pace (...) E' falso dire che non abbiamo condannato i crimini di guerra che hanno avuto luogo sabato così come condanniamo quelli perpetrati attualmente a Gaza", ha dichiarato la deputata di Val-de-Marne.

Ma le attenzioni, anche questa volta sono tutte per Jean-Luc Mélénchon che, nè a livello personale, tanto-meno con il suo partito ha condannato i fatti di sabato scorso in Israele: il leader si è limitato a condannare la "violenza che genera alza violenza" con fine cerchiobottismo oratorio, salvo poi parlare di Hamas come "forze palestinesi" Ebbene, Melénchon, titolare di ben due lauree, dovrebbe saperlo che Hamas non corrisponde al sedicente Stato Palestinese, tantomeno rappresenta l'unica voce palestinese sul campo. Compiendo lo stesso errore che anche la politica commette dagli anni Ottanta: permettere ad Hamas e Gaza di fagocitare la causa palestinese a scapito dei moderati. Melenchon perfino dimentica che l'Unione Europea, il lago di pace che gli permette di esprimere qualsivoglia idea senza rischiare la vita, ha designato Hamas come organizzazione terroristica.

Le reazioni alla condotta di Mélenchon

Mélenchon è un "nemico della Repubblica", ha tuonato il presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif), Yonathan Arfi, ritenendo "abietta" la linea promossa in questi ultimi giorni dall'esponente della gauche alternativa francese e da altri esponenti del suo partito. "Mélenchon - ha sintetizzato Arfi - ha scelto di non esprimersi in solidarietà con Israele ma di legittimare il terrorismo facendo un parallelo tra Israele e Hamas". Da sabato, le prese di posizione della France Insoumise sono risultate ambigue, se non addirittura condiscendenti, a numerosi osservatori e politici d'Oltralpe, incluso alleati di Mélenchon. Le posizioni del leader Lfi sono state criticate questa mattina anche dal portavoce del governo Olivier Véran, secondo cui Mélenchon è "tutto in odio" e "legittima il ricorso alla violenza" di Hamas contro Israele. Véran ha anche denunciato "questa corrente dell'estrema sinistra francese che sprofonda in questa specie di deriva permanente" e che non risponde a suo avviso "all'appuntamento con la storia".

La deriva delle sinistre radicali europee

Nel caso di Mélenchon l'atteggiamento rischia di superare le convinzioni, all'interno di un mutamento interno alla sinistra francese. Una contraddizione che alberga in tutte le sinistre europee post-Guerra Fredda: rinnegare la laicità come estremo segno di libertarismo. Le sinistre radicali, abiurando l'atavico ateismo di stampo marxiano, sono finite a sposare la causa dell’Islam politico nel quale viene individuata una nuova categoria di oppressi, un proletariato islamista che promette una rivoluzione nuova, dopo aver perso la vecchia lotta di classe. Il virus non è solo francese: basti pensare alle piazze in festa, ovunque in Europa, per celebrare l'orrore di Hamas. Un fenomeno pericoloso che, in Europa, ha prodotto leader politici come Jeremy Corbyn, non estranei all'antisemitismo o al ricordo commosso di Settembre Nero; oppure, ancora, volendo andare a ritroso fino ai boomer, molti dei quali si eccitarono all'arrivo dell’ayatollah Khomeini di ritorno in Iran, come simbolo di resistenza all'imperialismo. Un errore madornale del quale ancora dolersi, vista la fine ingloriosa dell'Iran, dei suoi giovani e delle sue donne.

Mélenchon e le sue acrobazie politiche

Ma la sinistra francese, più che in altri Paesi europei, è andata a impattare contro un muro dolorosissimo: il terrorismo di matrice islamista. Una furia talmente monocroma da asfaltare perfino quei "monelli" di Charlie Hebdo con crudeltà da macellai. E che dire dei ragazzi festosi che ballavano al Bataclan? E allora, come reagire di fronte alla contraddizione? Lo stesso Mélenchon era stato molto critico nei confronti dello stigma islamico nei confronti di quelli, all'epoca dei fatti, più a sinistra di lui.

Nel 2015 si scagliava contro il termine "islamophobie", utilizzato per descrivere il pregiudizio nei confronti dei cittadini musulmani, ribadendo che "Sono i musulmani che pensano di essere incolpati perchè sono musulmani". Ma Mélenchon è e resta un abile funanmbolo della vita politica francese, avendo mutato toni e strategie politiche più volte nella sua vita, planando dal socialismo al populismo a uso e consumo delle èlite. Perchè? Perchè l'elettorato di fede islamica, nel contorto ma lucido pensiero del leader gauchista, può essere attirato solo indulgendo sulla violenza islamista e marcando la retorica antisraeliana.

Alle accuse di queste ore Mélenchon risponde ribadendo che il suo

partito è "non allineato" dai tempi di De Gaulle: ma al leader di France Insoumise nessuno ha chiesto un allineamento, ma quantomeno una prova d'umanità verso la morte che non sia due pesi e due misure.

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