Cronaca internazionale

La Francia vieta l'Abaya musulmano a scuola: "Laicità in pericolo"

Gabriel Attal, 34 anni, nominato ministro dell'Istruzione a luglio, ha preso la sua decisione: vietato l'abaya nelle scuole, considerato una minaccia alla laicità. Valore fondante della Repubblica

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Scoppia il caso "abaya" in Francia. Rispetto alla proliferazione nelle scuole francesi dell'abito femminile più diffuso in tutto il mondo arabo, in particolare nel Golfo Persico e tra le giovani generazioni, Gabriel Attal, 34 anni, nominato ministro dell'Istruzione a luglio, ha preso la sua decisione: "Ho deciso che non si può più indossare l'abaya a scuola", ha dichiarato l'esponente del governo, a seguito delle proteste dei sindacati che vedevano nell'abaya una crescente minaccia alla laicità a scuola, principio e valore al quale i francesi tengono molto. La laicità, ha rimarcato il ministro, "significa libertà di emanciparsi attraverso la scuola", descrivendo l'abaya come "un gesto religioso, volto a testare la resistenza della repubblica verso il santuario laico che la scuola deve costituire". Entrando in un'aula, ha aggiunto, "non si deve essere in grado di identificare la religione degli studenti guardandoli".

La decisione del governo parigino soddisfa le richieste dello Snpden, il sindacato nazionale degli insegnanti, che chiedeva da settimane al ministero dell'Istruzione di decidere in un senso o nell'altro, in modo tale che la responsabilità di accettare o rifiutare l'abaya a scuola non ricadesse più su insegnanti e dirigenti scolastici. "Gli annunci di Gabriel Attal sui test di specialità (rinviati a giugno) e sull'abaya hanno il merito della chiarezza e del coraggio", ha scritto lo Snpden su X (ex Twitter). Plauso anche di Sophie Vénétitay, segretaria generale dello Snes-Fsu, il più grande sindacato della scuola secondaria.

"Laicità in pericolo"

Come nota Le Figaro, la decisione del ministro Attal sull'abaya, abito indossato dalle donne islamiche che spopola fra le studentesse delle banlieue, arriva pochi giorni dopo la pubblicazione, proprio su Le Figaro e altri media, di un rapporto del dipartimento scolastico governativo che rivela un'esplosione delle violazioni del pilastro della "laicità" nelle scuole. Nell'anno scolastico 2022-2023 sono state fatte 4.710 segnalazioni, contro le 2.167 del 2021-2022.

Tra le infrazioni segnalate, quelle relative all'uso di simboli e all'abbigliamento religiosi, hanno registrato un aumento particolarmente rilevante. Tra settembre e novembre 2021, il ministero ha ricevuto 91 segnalazioni sull'uso di segni e abiti religiosi a scuola; tra aprile e luglio 2023, sono state invece ricevute 923 segnalazioni. "Siamo sempre stati chiari - ha detto stamattina il portavoce del governo, Olivier Véran - la scuola è il tempio della laicità. Non si va a scuola per fare proselitismo religioso ma per imparare. Quando si è in classe non ci si deve trovare esposti a segni religiosi ostentatori". Véran ha sottolineato ai microfoni di Bfm che l'abaya è "chiaramente" un abito religioso.

Un fenomeno sempre più diffuso

Da più di un anno in Francia si discute su come affrontare la diffusione dell'abaya nelle scuole. Durante un discorso pronunciato davanti ai rettori riuniti alla Sorbona, giovedì 24 agosto, il ministro Gabriel Attal aveva affrontato il tema scottante della laicità nella scuola, promettendo "fermezza". "La nostra scuola è messa alla prova. Negli ultimi mesi, come sappiamo, in alcuni quartieri sono apparsi abiti religiosi come l'abaya o il qami. Dobbiamo unirci. E ci uniremo ", ha detto.

La morte, nell'ottobre 2020, di Samuel Paty, il professore di storia e geografia barbaramente ucciso da un terrorista islamico all'uscita del collegio di Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines) dove esercitava, ha generato un clima di paura tra dirigenti scolastici e insegnanti. Secondo un sondaggio pubblicato dal sindacato Snpden e presentato lo scorso marzo, un gran numero di presidi e assistenti non hanno denunciato episodi nei quali la laicità nelle scuole veniva minacciata per paura. Una "riluttanza generale" che spiega, secondo il sindacato, "la paura di non essere seguiti dall'istituzione e di ritrovarsi soli al fronte". Ora la decisione del ministro toglie finalmente gli stessi dirigenti e presidi dall'imbarazzo di dover di decidere se vietare o meno il capo indossato dalle donne arabe a scuola.

Una legge del marzo 2004, ricorda Le Monde, vietava già nelle scuole francesi di "indossare segni o abiti con cui gli studenti mostrino apparentemente un'affiliazione religiosa". Tra questi vi sono le grandi croci, le kippah ebraiche e gli hijab islamici.

A differenza degli hijab, l'abaya occupava una "zona grigia" e finora non era stato oggetto di alcun divieto.

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