I governi europei sono impegnati a riarmare i propri eserciti nel tentativo di far fronte alla crescente assertività della Russia e all'isolamento statunitense. Per farlo devono tuttavia utilizzare Terre Rare e magneti permanenti prodotti e lavorati per lo più in Cina. Ebbene, c'è un problema non di poco conto: il Dragone ha posto importanti restrizioni sull'export di materiali del genere. Materiali, va da sé, impiegati nella realizzazione di missili, jet, droni e una vasta gamma di equipaggiamenti militari, oltre che tecnologie d'uso quotidiano come pc, tablet e smartphone. Pechino ha sfruttato al meglio questa sua posizione dominante nel bel mezzo delle numerose tensioni commerciali con Washington e Bruxelles, inasprendo o allentando i controlli sulle citate Terre Rare in sede negoziale. E così, mentre Ursula von der Leyen esorta l'Unione europea a "lottare per la propria indipendenza" sui minerali essenziali, i funzionari commerciali dell'Ue starebbero freneticamente lavorando con le loro controparti cinesi per cercare di garantire l'approvvigionamento al continente.
L'Ue ha un problema con le Terre Rare
Come ha spiegato il New York Times in un lungo approfondimento, agli ambasciatori dei 27 paesi dell'Ue è stato riferito che la Cina sarebbe disposta a negoziare le licenze generali per semplificare le esportazioni di terre rare verso l'Europa. Tuttavia, non vi sarebbe alcuna garanzia in merito al fatto che una soluzione del genere arrivi in tempi rapidi e che duri a lungo. Bruxelles è infatti concentrata sulla ricerca di opzioni di approvvigionamento alternative. Nel breve termine l'obiettivo dei negoziati è "fornire maggiore certezza all'industria europea", ha affermato Olof Gill, portavoce della Commissione europea.
Allo stesso tempo, spiega ancora il NYT, i leader europei sanno che il loro rafforzamento militare dipende da un rapporto sempre più inaffidabile con la Cina. Il punto è che senza un flusso di minerali essenziali non c'è riarmo. Le restrizioni di aprile del Dragone restano in vigore per gli acquirenti europei e, nonostante tutti i discorsi dell'Ue sulla diversificazione, il gigante asiatico ha messo Bruxelles in difficoltà. Circa il 98% delle importazioni di Terre Rare chiave dell'Unione Europea proviene infatti dalla Cina. Esistono soluzioni? Il Vecchio Continente si è impegnato a risolvere questa dipendenza e ha approvato una legge volta a creare un'industria nazionale, entrata in vigore nel 2024. Sostituire la capacità di estrazione e raffinazione della Cina non è però un'impresa facile e veloce.
Cosa c'entra la Cina
Gli analisti della società di consulenza SFA Oxford hanno previsto che la "completa diversificazione" dalla Cina dell'Europa richiederebbe dagli otto ai dodici anni, considerando il tempo necessario per sviluppare miniere, costruire raffinerie, espandere la produzione e lavorare nella catena di fornitura della Nato. Auando si tratta dell'industria della difesa, in ogni caso, ''l'Europa non ha tutto questo tempo''. Le nazioni europee si stanno affrettando ad aumentare la spesa per la Difesa, nel tentativo di sviluppare capacità chiave entro il 2030. A tal fine, l'Ue ha allentato le regole di bilancio e ha varato un programma di prestiti da 150 miliardi di euro per contribuire a finanziare le spese militari.
La mancanza di accesso a minerali essenziali potrebbe ostacolare tale iniziativa, ribaltare la situazione geopolitica e plasmare il futuro dell'Europa. Questi prodotti sono essenziali per costruire i caccia F-35, i droni, i sottomarini, i missili Tomahawk, i sistemi radar e altre tecnologie militari prodotte negli Stati Uniti o nell'Unione Europea (e che l'Europa ha intenzione di accumulare nell'ambito dei suoi piani di riarmo).
"L'obiettivo finale della Cina, in questo caso, è rallentare l'avanzata degli Stati Uniti e dell'Europa attraverso la connessione", ha spiegato Benedetta Girardi, analista del Centro per gli Studi Strategici dell'Aja. "Se colpisce il settore della sicurezza di uno, colpisce anche quello dell'altro", ha aggiunto l'esperta.