
Una missione delicata quella di re Carlo III: ammorbidire un interlocutore imprevedibile come Donald Trump. Il sovrano, a giudicare dalle risate e dalle battute scambiate con il presidente statunitense, ci è riuscito, mentre Trump non smetteva di ripetere “thank you, thank you”.
La seconda visita di Stato di Trump nel Regno Unito ha assunto i contorni di un evento senza precedenti, tanto per la solennità della cerimonia quanto per il carico politico che porta con sé. Atterrato a Londra insieme alla first lady Melania, il presidente americano è stato accolto da un apparato di sicurezza imponente e da un cerimoniale orchestrato nei minimi dettagli da Buckingham Palace e dal governo di Keir Starmer. A Windsor, Re Carlo III ha indossato i panni del “diplomatico in capo”, consapevole dell’opportunità di consolidare la “special relationship” in un momento cruciale.
Il sovrano, in apparente buona forma nonostante le cure contro il cancro, ha offerto a Trump un’accoglienza in pompa magna: una parata con oltre 1.300 soldati, cavalli in alta uniforme e tre reggimenti storici della Royal Guard schierati nel Quadrangle del castello, una scenografia mai vista per un leader straniero. Accanto a Carlo e Camilla, anche William e Kate hanno preso parte alla processione in carrozza che ha accompagnato la coppia presidenziale verso il cuore della residenza reale. A completare lo spettacolo, il passaggio delle Red Arrows, la pattuglia acrobatica della Raf, e un ricevimento culminato in un banchetto di Stato sotto i soffitti di St. George’s Hall, alla presenza di oltre 160 ospiti illustri: dai vertici di Apple, Nvidia e OpenAI, fino a Rupert Murdoch e figure dello sport e della politica.
Nel suo discorso, Carlo ha rimarcato la storica alleanza tra Londra e Washington, definendola “il rapporto di difesa, sicurezza e intelligence più stretto mai conosciuto”. Senza citare direttamente conflitti, ha richiamato l’unità dei due Paesi di fronte alle minacce alla pace in Europa, sottolineando il sostegno all’Ucraina e lodando l’“impegno personale” di Trump nella ricerca di soluzioni alle crisi globali. Il presidente americano, da parte sua, ha definito l’evento “uno dei più grandi onori della mia vita” e ha esaltato il ruolo congiunto di Regno Unito e Stati Uniti nella storia moderna, dichiarando che “nessuna coppia di nazioni ha fatto tanto bene per l’umanità”.
Ma dietro la cornice regale si nascondono dossier concreti: dal vertice politico a Chequers è attesa la firma di una nuova partnership tecnologica con investimenti americani da decine di miliardi in data center, intelligenza artificiale e nucleare civile, nonché la possibilità di ulteriori concessioni sui dazi commerciali. Starmer punta a usare questa visita come leva per attrarre capitali e consolidare la cooperazione industriale e strategica con Washington, in un momento in cui la guerra in Ucraina e l’escalation a Gaza rendono fragile l’unità occidentale.
All’esterno delle mura del castello, però, il clima era meno festoso. Migliaia di manifestanti hanno sfilato a Londra contro la visita, rilanciando lo slogan “Stop Trump”. Il sindaco Sadiq Khan ha accusato il presidente di “alimentare una politica divisiva”, mentre i sondaggi confermano che una larga maggioranza dei britannici considera sbagliato l’invito.
Un contesto che non ha impedito a Starmer di giocare la carta della ragion di Stato, scommettendo che la Storia darà ragione alla sua scelta di rinsaldare il legame con Washington, anche a costo di dividere l’opinione pubblica.