
Fino a qualche mese fa era difficile immaginarlo. Kim Jong Un ha lasciato intendere di essere disposto a riprendere i colloqui diplomatici con gli Stati Uniti. In un discorso all'Assemblea Suprema del Popolo, il leader nordcoreano ha affermato di avere ancora "cari ricordi" di Donald Trump, esortando Washington a ritirare la richiesta di consegnare le armi nucleari come precondizione per la ripresa della diplomazia a lungo bloccata. Ricordiamo che Kim ha incontrato Trump volte durante il primo mandato del tycoon come presidente degli Usa. La porta del dialogo sembrerebbe adesso essersi riaperta, con il presidente della Corea del Nord che ha lanciato un messaggio emblematico: "Non c’è motivo per cui non dovremmo sederci al tavolo con gli Stati Uniti".
La strana apertura di Kim
"Il mondo sa bene cosa fanno gli Usa dopo aver costretto altri paesi a rinunciare alle loro armi nucleari", ha dichiarato Kim di fronte all'Assemblea Popolare Suprema. "Non abbandoneremo mai le nostre armi nucleari, non ci saranno negoziati, né ora né mai, per commerciare con Paesi ostili in cambio della revoca delle sanzioni", ha proseguito il leader nordcoreano sottolineando tuttavia di aver conservato "buoni ricordi personali" di Trump in occasione dei loro incontri precedenti e che "non c'è nessun motivo per non" riprendere i colloqui con gli Stati Uniti se Washington "abbandona la sua delirante ossessione per la denuclearizzazione".
Nel frattempo il presidente sudcoreano Lee Jae Myung ha fatto sapere che accetterebbe un'intesa tra Kim e Trump che veda Pyongyang congelare la produzione delle sue armi nucleari, piuttosto che disfarsene del tutto. Lee, in un'intervista alla Bbc alla vigilia della partecipazione all'assemblea generale dell'Onu di New York, ha spiegato che Il Nord produce circa 15-20 testate atomiche in più all'anno e che un "congelamento", da valutare come "misura di emergenza provvisoria", sarebbe "un'alternativa fattibile e realistica" alla denuclearizzazione della penisola coreana che resta comunque l'obiettivo finale. Nella diplomazia della penisola coreana qualcosa si sta lentamente muovendo.
Garanzie e dialogo
I giudizi di Lee, insieme alle aperture di Kim a ritrovare un dialogo con Trump, gettano una nuova luce sul vertice Apec di fine ottobre in Corea del Sud, che potrebbe diventare un'occasione per favorire bilaterali ad ampio raggio, incluso uno tra il tycoon e il leader supremo. Ma per quale motivo Pyongyang ha cambiato idea?
Il motivo è semplice: a differenza di qualche anno fa Kim può adesso contare, oltre che sul supporto/garanzia della Russia di Vladimir Putin, anche sul rinnovato sostegno della Cina di Xi Jinping. L'offerta della Corea del Nord, dunque, sembra voler sfidare la politica di denuclearizzazione degli Stati Uniti, che da tempo non prevede alcun dialogo in assenza del disarmo nordcoreano.
L'apertura di Kim appare inoltre mirata a sondare il
terreno in vista di un'effettiva ripresa del dialogo con Trump. Il dilemma, per Washington, sarà capire se un incontro tra il tycoon e Kim sia proficuo per la Casa Bianca anche senza progressi sulla denuclearizzazione.