Messa in ricordo di Bergoglio all'università. I giovani del Pd s'infuriano: "Fuori la religione"

I Giovani democratici di Chieti si ribellano: "Siamo sconcertati, gesto inadeguato". FdI: "Vogliono un luogo del pensiero unico e dominante?". Azione Universitaria: "Il dissenso non diventi censura"

Messa in ricordo di Bergoglio all'università. I giovani del Pd s'infuriano: "Fuori la religione"
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Per la sinistra è stato fin da subito il paladino del mondo, l'unica speranza per i diritti civili e per salvare l'ambiente. Ma negli elogi sfrenati a Papa Francesco non c'entrava nulla l'aspetto religioso: era solo una devozione ideologica. E infatti guai se si prova a uscire da quei temi sociali e si prova a mettere al centro la Fede. Così capita che i Giovani democratici (l'organizzazione giovanile del Partito democratico) vanno su tutte le furie e si ribellano contro l'Università Gabriele D'Annunzio. Il motivo? Per questa mattina è prevista una Messa in ricordo del defunto pontefice nel campus di Ateneo a Chieti. E vai con le polemiche dell'esercito rosso, con il solito slogan: fuori la religione dal mondo dell'istruzione.

I Giovani democratici hanno diramato una nota in cui hanno espresso "sconcerto" per l'invito "mandato a studentesse e studenti tramite email istituzionale", e si sono rivolti all'amministrazione della D'Annunzio ricordando che l'Università pubblica dovrebbe preservare il suo essere un luogo laico di sapere. Insomma, celebrare in un campus universitario una Messa in ricordo di una Papa defunto è un "gesto totalmente inadeguato e non rispettoso dei princìpi di laicità e di diffusione di libera conoscenza".

Sul punto è intervenuta Carla Di Biase. La capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio comunale a Chieti, contattata dal Giornale.it, fa notare che la decisione dell'Università D'Annunzio "altro non è che un modo di omaggiare un uomo e i suoi insegnamenti di pace e fratellanza". E, tra l'altro, si tratta di un'iniziativa a cui non è preclusa la libertà di ogni studente di partecipare e non farlo. "Grave sarebbe se l'Università diventasse il luogo del pensiero unico e dominante, se fosse accessibile solo agli intellettuali politicamente schierati (mi viene in mente Augias), o a chi dello Stato non ha riconosciuto i valori, i princìpi e le regole (penso alle lectio magistralis dei Brigatisti Rossi)", aggiunge Di Biase.

Anche Raimondo Alessandro Sciarrillo, presidente di Azione Universitaria Chieti–Pescara, ha evidenziato che "la laicità non è rimozione del religioso, ma garanzia di apertura e pluralismo". "L'Università è il luogo del pensiero critico, non dell'uniformità ideologica", ha rimarcato. Anche perché la libertà di espressione è il fondamento di ogni comunità democratica e accademica: "Difendere il diritto di un Ateneo a proporre iniziative culturali o spirituali – che siano esse religiose, scientifiche o sociali – non significa condividerle nel merito, ma riconoscere che il dissenso non può diventare censura".

Il rettore Liborio Stuppia ha messo a tacere ogni polverone sollevato ad arte dall'ormai nota sinistra: "Non c'è nessuna imposizione nei nostri eventi, ciascuno è libero di scegliere se partecipare. Da sempre le Messe si fanno e chi vuole va a sentirle". Infatti il ragionamento dell'Ateneo riguarda la figura istituzionale: Papa Francesco lo è stato e in lui si sono riconosciuti (e continuano a riconoscersi) milioni di cattolici. Non è la prima volta: alla morte di Giovanni Paolo II, l'arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte celebrò in Ateneo la Messa per ricordare la figura di Wojtyla. "Mi è stato quindi proposto di ripetere la cosa, non mi sono posto il problema dell'opportunità", ha spiegato il Rettore.

E in effetti il problema non c'è, tranne per i giovani del Pd che sono andati sulle barricate perché l'università non è un luogo di culto.

Ma come? Papa Francesco era il mito della sinistra per i migranti e per l'ecologia, e ora improvvisamente non si può svolgere una Messa in suo ricordo in Ateneo? In sostanza, le sue tematiche sociali dovrebbero essere in cima all'agenda politica ma non ci si deve azzardare a organizzare una funzione in sua memoria. È il solito cortocircuito rosso.

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