Cronaca nera

L'ipotesi turca, i misteri del Vaticano e le carte inglesi: ecco tutte le piste del caso Orlandi

Dalla scomparsa di Emanuela Orlandi sono state percorse differenti piste: alcune sono molto fantasiose ma ce n'è una con un elemento certo di verità

L'ipotesi turca, i misteri del Vaticano e le carte inglesi: ecco tutte le piste del caso Orlandi
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Quarant’anni di assenza, quarant’anni di piste di indagine. Alcune fragilissime, altre misteriose, ma quasi tutte spaventose. La scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983, è a tutt’oggi un giallo senza soluzione. Ci sono state nel tempo ipotesi, testimonianze, “soffiate” anonime. Molto, se venisse provato, riporterebbe sempre però in Vaticano, il piccolo stato di cui la 15enne era cittadina, il luogo in cui tutto è iniziato.

All’inizio gli inquirenti ipotizzarono un allontanamento volontario della giovane. Si è parlato del fatto che Emanuela Orlandi avesse chiesto ai genitori di incontrare qualcuno per fare un lavoretto, ma non aveva ricevuto il permesso.

Nel tempo c’è stato chi ha sollevato ipotesi relative a piste sessuali, come se la 15enne fosse stata rapita per scopi di pedofilia, chi afferma di averla vista in giro per il mondo, chi che sia stata rapita dai servizi segreti, e c’è stato perfino chi ha creduto che Emanuela Orlandi non sia mai sparita ma si nasconda in casa del fratello Pietro Orlandi: d’altra parte le teorie del complotto più fantasiose - o, come in questo caso, anche offensive nei confronti di una famiglia che non ha mai smesso di lottare per la verità - esistono dall’alba dei tempi.

Emanuela Orlandi e Mirella Gregori
Emanuela Orlandi e Mirella Gregori

E ancora: si sono vagliate le somiglianze con la storia di Mirella Gregori, studentessa romana di 15 anni, scomparsa poco più di un mese prima di Orlandi. Gregori si era allontanata dopo aver ricevuto la visita da un ragazzo sconosciuto. Ma a parte l’età e il periodo della scomparsa non ci sono altri punti di contatto, sebbene siano stati ventilati, con il caso Orlandi.

Nel 2019 la famiglia Orlandi ricevette una lettera anonima in cui si suggeriva di cercare “dove indica l’Angelo”. L’Angelo in questione è una statua funeraria posta nel Cimitero Teutonico del Vaticano, che sembra indicare la sepoltura della principessa Sofia e al principe Gustavo von Hohenlohe. Nessuna traccia dei presunti resti di Emanuela Orlandi neppure lì.

La pista turca

Mehmet Ali Ağca
Mehmet Ali Ağca

Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità di questo caso”. Sono parole molto famose. Le pronunciò a margine dell’Angelus papa Giovanni Paolo II pochi giorni dopo la scomparsa della 15enne.

C’è chi ha pensato che non solo il pontefice potesse sapere qualcosa, ma che addirittura potesse essere stato ricattato da qualcuno, e che quello di Emanuela Orlandi sia stato un rapimento per costringere il Vaticano a fare qualcosa. A corroborare l’ipotesi fu quella cassetta lasciata nella sede Ansa di via della Dataria a luglio 1983: se sul lato B ci sono suoni terrorizzanti che evocano torture e sevizie, sul lato A c’è un lungo proclama, pronunciato lentamente e con intonazione straniera in cui si fa riferimento all’attentato subito da papa Wojtyla il 13 maggio 1981. In altre parole: sono stati i terroristi a rapire la giovane o è un tentativo di depistaggio?

Non solo, l’attentatore del pontefice Mehmet Ali Ağca si è pronunciato più volte sul caso Orlandi, anche se tuttavia tutte le sue affermazioni si sono rivelate palesemente false. Nel tempo Ali Ağca ha detto infatti che Orlandi sarebbe stata rapita e tradotta in Vaticano per diventare la schiava sessuale del principe Hans Adam. Oppure che sia stata costretta a prendere i voti ed entrare in convento. Inoltre Oral Celik, che fu rinviato a giudizio insieme ad Ali Ağca (ma a differenza di quest'ultimo fu assolto), disse invece che la 15enne, bersaglio di un possibile rapimento, sia stata messa sotto protezione in località segreta dallo stesso papa. Naturalmente niente di tutto questo corrisponde a realtà.

La Banda della Magliana

La basilica di Sant'Apollinare
La basilica di Sant'Apollinare

Questo interrogativo è più interessante e contiene almeno un elemento di verità. Nel 2005 un utente anonimo telefonò alla trasmissione “Chi l’ha visto?”: successivamente una perizia stabilì che si trattò del figlio di un esponente della Banda della Magliana. La voce anonima suggerì di andare a “vedere chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare” e di cercare di chiarire sul “favore che Renatino fece al cardinal Poletti”.

L’elemento vero - ma che potrebbe non avere stretta attinenza col caso - è che in effetti Enrico De Pedis, boss della Magliana freddato nel 1990, era sepolto nella cripta della basilica su autorizzazione del cardinale Ugo Poletti. Non si sa perché il prelato abbia permesso che un personaggio apparentemente lontano dalla Chiesa, sebbene morto da incensurato, fosse sepolto in quel luogo santo. Chi si è occupato della sepoltura ha affermato che a suo avviso si potrebbe essere semplicemente trattato di una grossa donazione a favore dei poveri. Certo è che non c’erano altri corpi insieme a quelli di De Pedis, come stabilì l’esumazione e il test del Dna effettuati nel 2010.

Sul capo di De Pedis però pesa la testimonianza di Sabrina Minardi, sua ex amante dal 1982 al 1984, che raccontò di aver scortato una giovane apparentemente drogata fino all’ingresso del Vaticano. Minardi fu ritenuta tuttavia non attendibile, ma oggi l’ex procuratore Giancarlo Capaldo ha ammesso che la Banda della Magliana potrebbe aver avuto un ruolo di manovalanza, non centrale quindi, nel caso. L’inchiesta aperta dal Vaticano e quella della procura di Roma potrebbero aiutare a sciogliere questo nodo.

La pista inglese

Emanuela Orlandi

A seguito dello scandalo Vatileaks del 2012 si parlò dell’esistenza di un presunto dossier vaticano su Emanuela Orlandi: l’esistenza di questa documentazione è stata smentita dal padre Georg Gänswein nel libro pubblicato dopo la morte di papa Benedetto XVI.

Nel 2017 il giornalista Emiliano Fittipaldi ebbe per le mani un documento datato 1998 e intitolato Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi. Il documento, se si rivelasse vero, cosa che al momento appare essere molto lontana dalla realtà, proverebbe che la 15enne abbia vissuto a Londra per un periodo a spese del Vaticano. E che forse sarebbe morta, dato che l’ultima voce del repertorio è “disbrigo pratiche finali”. Ma non esistono su quei fogli timbri ufficiali, ci sono molti errori e qualcuno poi ha supposto che sia un falso creato successivamente all’adozione dell'Euro.

Tuttavia nel tempo molti hanno percorso la pista inglese: ci fu una telefonata anonima di un sedicente agente del Sismi, delle tesi esposte in un libro dalla giornalista Maria Giovanna Maglie, e una presunta lettera inviata al cardinal Poletti dall’arcivescovo di Canterbury George Carey, in cui la massima autorità spirituale della Chiesa anglicana avrebbe chiesto al prelato cattolico italiano lumi su Emanuela Orlandi.

Carey, attraverso un congiunto, ha smentito di aver mai scritto e inviato tale missiva.

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