
"Paolo è morto da eroe, per difendere la gente del suo locale. Ho sentito l'ultimo respiro di mio figlio, ho sentito il suo cuore che si fermava, è morto fra le mie braccia". Non si dà pace Fabiola Galioto, la mamma di Paolo Taormina, il 21enne ucciso con un colpo di pistola alla fronte da Gaetano Maranzano, all'esterno del cocktail bar che la vittima gestiva assieme ai suoi familiari, a pochi passi dal Teatro Massimo di Palermo. "Come potrò continuare a vivere?", dice la donna mentre è seduta all'esterno della camera mortuaria dell'ospedale con i vestiti ancora intrisi di sangue del figlio.
La rissa
Secondo una prima ricostruzione, sabato notte Paolo era intervenuto per sedare una rissa in strada tra alcuni giovani. Maranzano, che probabilmente faceva parte del gruppo di facinorosi, ha estratto la pistola dalla tasca del giubbino e ha aperto il fuoco all'indirizzo del 21enne, freddandolo con un colpo solo. "Paolo mi aveva detto: 'Mamma entra dentro, ci sono dei ragazzi che vogliono creare problemi. Ci penso io, non preoccuparti' - racconta Galioto al Corriere della Sera - Mio figlio era un ragazzo d'oro, sempre tranquillo, sempre pronto ad aiutare gli altri. Era soprattutto un grande professionista: aveva lavorato per alcuni anni negli Stati Uniti e adesso era felice per questa nuova attività che avevamo aperto da otto mesi. Faceva grandi progetti, per la sua famiglia, per il lavoro. Voleva che nel nostro locale i ragazzi fossero sereni e felici di vivere momenti di spensieratezza, lontano dalle preoccupazioni di ogni giorno. E invece la violenza di questa città l'ha travolto".
"Avevo appena fatto un cocktail all'assassino di mio figlio"
Qualche istante prima che si consumasse l'omicidio, Maranzano era entrato nel locale per ordinare un drink. "Avevo fatto dei cocktail a lui e ai suoi amici. - ricorda la madre di Paolo - Nel nostro locale siamo sempre gentili e disponibili con tutti i ragazzi che entrano. È anche un modo per conoscerli, per creare un clima familiare. Ma da qualche tempo nella nostra zona c'erano delle liti ogni fine settimana. Paolo faceva di tutto per tutelare i nostri clienti, per evitare che succedessero problemi. E invece l'hanno ammazzato. Mi chiedo dove sia lo Stato". Interrogato dagli investigatori, il presunto responsabile ha sostenuto che la vittima avesse importunato la fidanzata. "Paolo era un ragazzo adorabile, sempre gentile con tutti. - continua Galiota - Continuo a domandarmi: come si fa a sparare in testa a un ragazzo?".
"L'assassino? Bisognerebbe buttare via la chiave di certe celle"
Infine la mamma di Paolo si lascia andare a un duro ma comprensibile sfogo: "Che schifo di mondo sta diventando. Bisognerebbe buttare via le chiavi delle celle dove sono rinchiusi gli assassini", dice tra le lacrime. "Mio figlio è dentro una camera mortuaria, mentre il suo assassino avrà la possibilità, già in questi giorni, di fare una videochiamata con i suoi familiari, magari potrà anche incontrarli di persona.
- aggiunge - E fra qualche anno, magari, beneficerà anche di un permesso premio per buona condotta". Resta un dolore inconsolabile: "A essere condannata sono io, che non potrò più riabbracciare il mio Paolo. - conclude Galiota - Nessuno mi darà più indietro mio figlio".