Il killer dei treni, il biondino e le Bestie: una mostra sul true crime per riflettere

A Lecce un allestimento per guardare da vicino il true crime senza filtri patinati. E in tutto questo “l’emergenza sette non è ancora del tutto terminata”

Il killer dei treni, il biondino e le Bestie: una mostra sul true crime per riflettere
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Un pugno allo stomaco, un invito a riflettere sul nostro rapporto morboso con la cronaca nera, lontano dalle narrazioni patinate”. Viene descritta così, nella nota inviata alla stampa, la mostra “Il Filo Nero (True Crime Is Not a Game)”, che si tiene fino a domenica 24 agosto al Museo Faggiano di Lecce, su ideazione di Criminal Meet in collaborazione con la stessa struttura museale, I Quaderni del Bardo Edizioni e l’associazione Horah.

L’allestimento è interessante, perché mescola elementi interattivi - come qr code che rimandano a puntate podcast di approfondimento - ma anche elementi di grande impatto visivo, al fine di spingere il visitatore a riflettere “nell’ossessione contemporanea per il true crime e nei traumi che l'Italia non ha mai davvero elaborato”.

Il Filo Nero - spiega lo psicologo, criminologo e direttore di Obscura Mirco Turco - collega il comportamento umano alla memoria, per cui compiamo una sorta di percorso nella mente del serial killer, analizzando i fattori predisponenti per poi passare a un ritaglio artistico, con foto e quadri che si combinano insieme per dare un senso non soltanto all'omicidio seriale ma anche al lato vittimologico del fenomeno”. La vittimologia ha infatti una sua sezione nella mostra, sezione che raccoglie abiti e accessori che richiamano a vicende di molestie e abusi sessuali, per non dimenticare il cosiddetto “numero oscuro”, ovvero le persone che sopravvivono a una violenza ma non denunciano.

In generale, l’allestimento ospita anche casi specifici, che possono andare dalla vicenda del cosiddetto assassino dei treni Donato Bilancia all’omicidio di Milena Sutter (e quindi “il biondino della spider rossa”), fino alle Bestie di Satana e al killer Jack Unterberger, in altre parole “un mix di casi italiani e internazionali per trarre un racconto sulla psicopatologia dell’Occidente, della società e della modernità”. “Vogliamo raccontare - aggiunge Francesco Esposito, criminologo forense e autore di podcast crime - quanto la bella presenza, l’estetica, la retorica, il soggetto apparentemente inquadrato e ambientato nella società potrebbe sembrare innocente e rivelarsi il predatore più pericoloso”.

Questo momento di riflessione che scaturisce quindi dalla mostra - curata tra gli altri dagli stessi Turco ed Esposito, oltre che dal medico d’urgenza e criminologa Maria Rosaria Bruscella e dalla psicologa e artista Corinne Vigo - non trascura nessuno degli aspetti delle vicende criminali che vengono studiate e sono di grande interesse oggi come ieri - e mai questa unione temporale è stata mai calzante come per i cold case.

Perché i reati, i crimini e i delitti si possono presentare ciclicamente in altre forme. “L’emergenza sette non è ancora del tutto terminata - conclude Esposito - Anche se siamo temporaneamente lontani dalla retorica dei Diavoli della Bassa, delle Bestie di Satana e degli americani che andavano a sequestrare le scatole di Dungeons & Dragons dalle camerette dei figli, non sono solo ricordi.

Oggi si parla di truffe con i bitcoin e intelligenze prodigiose multilevel marketing: usiamo nomi diversi ma la manipolazione e la deriva settaria sono sempre attuali, come attuale è il discorso della periferia esistenziale”.

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