Muore a 7mila metri per salvare la collega. Il corpo in una grotta

Sinigaglia stava aiutando la donna ferita a una gamba. Via al recupero della salma

Muore a 7mila metri per salvare la collega. Il corpo in una grotta
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Era riuscito a raggiungere l'amica, conosciuta al campo base, lasciandole cibo, fornelletto e sacco a pelo, ma è morto anche lui nella discesa.

Ci sono tragedie in montagna che hanno per protagonista la generosità e normalità di diventare uomini eccezionali, eroi non per caso, ma per sempre. È questa la storia di Luca Sinigaglia, 49enne milanese appassionato di alpinismo nel tempo libero, esperto di cyber security per lavoro: nel tentativo di salvare un'altra scalatrice è morto ieri, a 6800 metri, sotto la cima del Pik Pobeda (7439 metri) al confine fra Cina e Kirghizistan. Amante ed esperto dei grandi spazi bradi dell'ex Unione Sovietica e della catena del Tian Shan, Sinigaglia si è trovato a Ferragosto nel mezzo della bufera che aveva già bloccato sulla via Natalia Nagovistsyna, 47enne russa. Il 12 agosto lei si è rotta una gamba: ha avvisato via radio di avere pochi viveri e di non riuscire a muoversi. Così è scattata la macchina della generosità e dei soccorsi che hanno coinvolto anche Sinigaglia e il tedesco Gunter Siegmund. I due hanno raggiunto la collega con generi di conforto, senza però riuscire a trasportarla a valle. Il tedesco è riuscito a rientrare pur necessitando di ricovero in ospedale; l'italiano no: colto da edema ed ipotermia si è riparato in una grotta, scavata, nel ghiaccio.

Dall'Italia la famiglia ha attivato ogni tentativo per farlo raggiungere dai soccorsi, ma per l'uomo non c'è stato nulla da fare. Il suo corpo, ieri, non era stato ancora raggiunto. La mobilitazione, anche diplomatica, attraverso la Farnesina non ha potuto nulla contro l'abbraccio della morte e del gelo. Che pare ancora più ingiusto mentre, nelle stesse ore, a tenere banco sui media italiani, è stata la polemica fra alpinisti professionisti su quanti e quali Ottomila siano da annoverare nel curriculum di questo o quel grande «signore delle cime».

Così, in un torrido Ferragosto italiano ha perso la vita nel freddo dell'ex Urss Luca. Voleva salvare Natalia che, nel Tian Shan, aveva fatto ritorno per ricordare il marito, morto li nel 2021. Il disperato tentativo di salvare l'alpinista russa arriva poche settimane dopo il caso di Laura Dahlmeier, biatleta olimpionica, morta a 31 anni sul Laila Peak in Pakistan, senza che i soccorsi riuscissero a raggiungerla in tempo. Il tentativo di Sinigaglia di raggiungere la collega russa in difficoltà ricorda semmai il salvataggio, questa volta almeno parzialmente a lieto fine, di Elizabeth Revol nel 2018 sul Nanga Parbat. La francese abbandonò, non potendolo aiutare oltre, il compagno polacco Tomasz Mackiewicz, colto da cecità nella discesa dal gigante himalayano. A sua volta provatissima, Revol scese di quota sperando in un elicottero. Intanto, in una scalata contro il tempo, un pool di big dell'alpinismo, fra cui Denis Urubko e Adam Bielicki, si fecero elitrasportare dal campo base del K2 alla parete del Nanga. Scalando, poi, in velocità e nella notte, raggiunsero Revol, calandola fino alla base della via di roccia.

Stavolta purtroppo sul Pik Pobeda restano tutti: sia Natalia, ancora non dichiarata morta dopo oltre 7 giorni di ricerche, sia Luca, sia il loro desiderio di coronare un sogno di vetta, senza dimenticarsi di esser anche umani e generosi. «Ringrazio tutti - posta Laura, sorella di Luca -. Lui era speciale e gentile con tutti».

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