Una tragedia annunciata, forse. È quanto emerge all'indomani del tragico delitto avvenuto a Muggia, in provincia di Trieste, dove una donna ucraina di 55 anni, Olena Stasiuk, ha ucciso il figlioletto di 9 anni tagliandogli la gola. Come anticipa il Corriere della Sera, il piccolo Giovanni già in passato era stato aggredito dalla madre: lei gli aveva stretto le mani attorno al collo, al punto da procurargli un grosso livido. L'episodio era stato segnalato alle autorità competenti dal papà del bimbo, Paolo Trame: "Non lasciatela da sola con mio figlio, è pericolosa" aveva ribadito più volte l'uomo. Ma l'allarme è rimasto inascoltato, fino al tragico epilogo di mercoledì sera. Stando a quanto apprende La Presse, nei prossimi giorni potrebbe arrivare al Ministero della Giustizia una relazione, come da prassi, in merito ai permessi rilasciati dal Tribunale civile di Trieste alla donna per vedere il bambino. Successivamente si valuterà l'invio di ispettori.
Le minacce della donna: "Sono disposta ad uccidere il bimbo"
Il matrimonio tra Olena Stasiuk e Paolo era naufragato alcuni mesi dopo la nascita di Giovanni. La donna, arrivata in Italia ancor prima della guerra in Ucraina, per un periodo era stata in cura presso il Centro di salute mentale di Trieste e trattata dagli specialisti come "malata psichiatrica", puntualizza ancora il giornale di via Solferino. Motivo per il quale, dopo la causa di separazione, il bimbo era stato affidato al papà e poteva incontrare la madre soltanto in forma protetta, ovvero in presenza degli assistenti sociali. Ma da qualche tempo le prescrizioni del tribunale erano cambiate: alla 55enne era stata concessa la possibilità di trascorrere qualche ora da sola con il figlio. Ciononostante Stasiuk aveva continuato a minacciare l'ex marito: "Se muoio io, Giovanni viene con me. Non pensare che stia scherzando", una delle frasi che era solita ripetere all'uomo. In un'altra occasione, come riferito dal legale di Trame, l'avvocato Gigliola Bridda, Stasiuk rivelò l'intenzione di uccidere il figlio: "O Giovanni rimane con me, oppure sono disposta ad uccidere il bimbo, a uccidere me, buttandomi in mare, e a uccidere anche Paolo". La frase fu pronunciata l'11 luglio 2018 e verbalizzata dai Servizi sociali quando le fu prospettato il possibile affido esclusivo del bimbo al padre.
La disperazione del papà del bimbo
Mercoledì sera è stato Paolo ad allertare il 112 perché non riusciva a mettersi in contatto con la 55enne, che avrebbe dovuto riconsegnargli il bimbo alle ore 21. Ma quando i poliziotti della Squadra mobile e i Vigili del Fuoco sono arrivati sul luogo della segnalazione, un'abitazione al civico 3 di piazza Marconi, era già troppo tardi. Il piccolo era riverso sul pavimento del bagno, con una ferita netta al collo, verosimilmente inferta con un coltello da cucina. Mentre Stasiuk era sotto choc. La tragica notizia è stata comunicata nell'immediatezza del fatto al papà del bimbo, che si trovava già sotto casa. Poche ore dopo, l'uomo ha telefonato a don Andrea Destradi, il parroco del Duomo di Muggia, per sfogarsi: "Lo ha ucciso brutalmente. - ha ripetuto in lacrime al sacerdote -. Sono sconvolto, non ci credo. Come faccio ora? Come faccio a vivere senza mio figlio?".
Chi era Giovanni
Il piccolo Giovanni frequentava la quarta elementare alla scuola slovena di Trieste. "Era un biondino, appassionato di calcio, a cui tutti volevano bene" ha raccontato don Andrea Destradi, che conosceva bene la famiglia. Più volte il parroco aveva suggerito ad Olena di "farsi curare dai medici, ma lei era convinta di non averne bisogno".
Resta da capire come mai la donna non fosse più in cura dagli specialisti. Il sindaco di Muggia ha precisato che era seguita dai Servizi sociali comunali "ma per sincerarsi che le prescrizioni del tribunale successive alla causa di divorzio fossero rispettate".