di Giovanni Sallusti
Como - Dalla cronaca letteraria alla cronaca squadrista. Ieri doveva tenersi a Como, nell’ambito della kermesse culturale «Parolario», un incontro sul tema «Diari veri o presunti di Mussolini». Ospite il senatore Marcello Dell’Utri, bibliofilo in possesso di cinque diari sulla cui autenticità monta dal 2007 una querelle accademica. Molto meno accademica la «querelle» andata in scena ieri sul Lario. Sì, perché a Dell’Utri è semplicemente stato impedito di parlare, da parte di un gruppo di scalmanati (un centinaio in tutto) più o meno organici all’area dell’estrema sinistra. Nei giorni scorsi, dall’Anpi provinciale a Rifondazione Comunista fino addirittura al Pd era stato tutto un susseguirsi di comunicati contro la presenza del senatore a «Parolario». Il quale, per inciso, avrebbe presentato in anteprima un sesto diario di cui è venuto in possesso, datato 1942, cioè un periodo successivo ai precedenti cinque (1935-’39) che saranno pubblicati a novembre da Bompiani. Su questo Dell’Utri avrebbe dovuto dialogare insieme al giornalista culturale del Corriere della Sera Armando Torno. Di dialogo, però, ieri non s’è vista manco l’ombra.
Appena gli ospiti si sono accomodati nel tendone di Parolario, un signore di mezz’età si è alzato dalle prime file e ha iniziato a sbraitare «Via i mafiosi da Como!». Un socio l’ha seguito a ruota con un «Como alza la testa!», e da lì l’incontro culturale è stato definitivamente soppiantato dall’azione squadrista. Un gruppo di ragazzi sistemato all’entrata del tendone ha iniziato con il classico «Mafioso! Mafioso!», mentre anche tra il pubblico sono partiti cori come «Buttatelo fuori!».
A quel punto ha provato a prendere la parola Armando Torno, ma i toni si sono accesi ulteriormente, con una serie di «Vergognati!» all’indirizzo del giornalista. Il quale ha provato a balbettare «Io veramente son qui per parlare di storia», ma è stato subissato. Nel frattempo, il gruppo di ragazzi urlanti si ingrossava e si avvicinava al palco scandendo slogan confusi il cui minimo comun denominatore era «mafia». I giornalisti presenti cercano di fare il loro mestiere, provano a documentare e, incredibile dictu, a chiedere un parere all’ospite aggredito verbalmente. Inaccettabile, per i sabotatori in azione, che insultano «la stampa di regime».
Un contestatore grida la sobria analisi: «i giornalisti che parlano con Dell’Utri sono peggio dei fratelli Graviano». Lui, il senatore bibliofilo, sbatte gli occhi in un distacco irreale. La prima frase che riesce a dire è la sintesi della situazione: «Il controsenso lampante è che questa gente dice di difendere la Costituzione, e sta impedendo ad altri di parlare». Poi aggiunge: «La maggioranza è qui per ascoltare, ma non è abbastanza forte». Gli organizzatori, ormai, sono convinti ad annullare. Anche perché il repertorio è arrivato a «In galera! In galera!». Armando Torno invoca un improbabile ritorno alla lucidità: «Va bene, avete manifestato il vostro dissenso, adesso ci fate tenere il dibattito?». La risposta è un boato allucinato: «Noooo!».
Dell’Utri scuote la testa, viene accompagnato fuori dal tendone, mentre i contestatori gli si fanno vicini, puntano le dita, qualcuno prova addirittura a spintonarlo. Gli squadristi ostentano lo striscione «Baciamo le mani Marcello». Mentre il conferenziere mancato scompare, una signora gira timidamente questa osservazione allo scalmanato più vicino: «Ma scusate, io volevo sentire cosa aveva da dire sui diari». Risposta argomentata: «Fattelo raccontare da qualcun altro».
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