La bugia è come la valanga: più rotola e più s'ingrossa. E se investe chi non è più in vita, può raggiungere dimensioni indefinite. Aggiungete poi che nell'era dei social un video gira incontrollato con potenza amplificata ed ecco che entrerete nel circo delle bufale del Fatto quotidiano & Co., dove lo spettacolo d'eccezione è la corsa a tirare per la giacchetta - o meglio per la toga - Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sulla separazione delle carriere. E così, grazie al quotidiano diretto da Travaglio, abbiamo scoperto che Borsellino in un'intervista al programma Samarcanda del 23 maggio 1991 era stato categorico: "Separare le carriere significa spezzare l'unità della magistratura. Il magistrato requirente deve poter svolgere la sua funzione senza dover rendere conto al potere politico". Un'intervista spacciata come prova di un tradimento da parte della Meloni nei confronti del suo mentore Borsellino. Peccato però che sia una balla. E non solo perché, come ha scoperto per primo Il Dubbio, il giudice non aveva mai pronunciato queste parole, ma soprattutto perché Borsellino non è mai stato presente nella puntata di quel giorno, che venne dedicata interamente al tema della malasanità. C'è stata un'apparizione nello stesso programma, ma risale al primo dicembre '88 quando, intervistato da Sandro Ruotolo, il magistrato parlò dell'importanza del pool antimafia; della definizione della mafia alla fine degli anni '80 rispetto agli anni '70; del pentitismo e del proprio rapporto con la Sicilia. Nessuna menzione sulla separazione delle carriere, tema sul quale non risulta che Borsellino si sia mai espresso pubblicamente. Eppure, la menzogna diffusa dal Fatto è stata riproposta in varie salse da giornalisti e politici che si sono fatti megafono della falsità. Dalla Gruber a Otto e mezzo il 3 novembre scorso l'ha ripetuta in diretta tv lo stesso Travaglio aggiungendo il commento perentorio: "Borsellino era radicalmente contrario alla separazione delle carriere". Stessa solfa ripetuta da Peter Gomez due giorni dopo su Restart su Rai3. Il 6 novembre Formigli su PiazzaPulita ha dedicato il suo editoriale alla frase inventata. Floris l'ha riletta l'8 novembre a DiMartedì e sullo stesso palcoscenico Alessandro Di Battista ha usato le finte dichiarazioni di Borsellino per il suo monologo.
Ma questa non è l'unica bufala messa in circolazione. Il Fatto ha scritto che Falcone ha rilasciato un'intervista a Repubblica, il 25 gennaio '92, in cui dichiarava: "Temo che si voglia, attraverso questa separazione, subordinare la magistratura inquirente all'esecutivo. Questo è inaccettabile". Una bufala anche questa. Perché, spulciando gli archivi del quotidiano fondato da Scalfari, quell'intervista non esiste. È una fake news che è stata anche ripetuta in tv su La7 da Gratteri. Data per oro colato senza timore di smentita. Esiste, quello sì, un'intervista su Repubblica del 3 ottobre '91 nella quale Falcone diceva: "Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa (...) E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell'Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte". Chiaro?
E se ancora non lo fosse, basta prendere il volume Giovanni Falcone, Interventi e proposte, 1982-1992 per leggere: "Ho la faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più
essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l'habitus mentale, le capacità professionali richieste: investigatore il pm, arbitro della controversia il giudice".