I bambini di Bibbiano

Bibbiano, quelle falsità scritte dagli assistenti sociali per confermare gli abusi

A Bibbiano i regali dei genitori non vennero mai consegnati ai minori e sulle relazioni stilate per il Tribunale dei Minori falsità e bugie per confermare gli abusi

Bibbiano, quelle falsità scritte dagli assistenti sociali per confermare gli abusi

A Bibbiano i minori venivano tenuti "isolati". Come se dovessero essere reclusi in un mondo a parte. Convinti del completo disinteresse dei propri genitori verso la loro sofferenza e plagiati a credere di essere stati salvati dai familiari a cui niente o poco importava di loro. Mentre mamma e papà gridavano giustizia dalle loro case. Impotenti davanti alle decisioni dei servizi sociali e del tribunale dei minori. Intrappolati in false accuse che solo il tempo avrebbe potuto smentire.

Era questo il calvario che minori e famiglie erano costretti a vivere, in attesa che gli operatori dei servizi sociali, assieme agli psicologi della Hansel e Gretel istruiti da Claudio Foti, tentassero di inculcare nella mente innocente dei piccini di aver subito abusi e violenze dai propri genitori. Ogni minimo pretesto diventava la prova di un abuso mai avvenuto e da innocenti fogli bianchi si costruivano castelli di carta abitati da mostri creati ad arte. Storie create per lucrare sulla pelle dei bambini e portare avanti una battaglia in nome di un’ideologia malata. É così che a Bibbiano i “demoni” della Val d’Enza avevano messo su il sistema di affidi illeciti.

A confermarlo è proprio la procura di Reggio Emilia. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari riguardo a un assistente sociale, indagato per falsa perizia, i pm riportano le gravità commesse da uno degli operatori finito nel registro egli indagati con l’accusa di falsa perizia. L’assistente avrebbe raccontato di un sogno fatto da uno dei piccoli che seguiva "in maniera non conforme al vero e con univoca connotazione sessuale". Nelle relazioni, stilate durante il periodo di osservazione del minore, lo psicologo “ometteva di riferire del desiderio della bambina di rivedere il padre”. Nessuno era a conoscenza secondo, la procura, "dell'isolamento a cui la avevano sottoposta" attraverso "il mancato recapito dei messaggi di affetto inviati" dai genitori.

Secondo quanto riportato nelle ultime carte della procura, l’assistente sociale, avrebbe raccontato "in maniera non conforme al vero e con univoca connotazione sessuale, il contenuto di un sogno rivelato dalla bambina ad un'amica di famiglia, che in realtà era stato raccontato dalla bambina in maniera differente e con diverso significato”. Il modus operandi era sempre lo stesso. Si partiva da una teoria di base: a priori il minore era stato abusato. L’unica cosa che psicologi e assistenti sociali avrebbero dovuto fare era portare in tribunale le prove dell’abuso. Meglio se, attraverso la “spontanea” denuncia del piccolo. Anche se le prove non c’erano e non ci sarebbero mai state, convincere il bambino di aver subito violenze in casa tramite lavaggi del cervello e sedute psicologiche persuasive, sarebbe bastato a confermare le loro malate convinzioni e strappare definitivamente il piccolo dalla propria famiglia di origine per affidarlo ad una comunità o ad una coppia di genitori affidatari. Seguendo questo preciso schema l’assistente sociale, si legge, "sosteneva, dialogando con il perito, che la minore fosse stata vittima in passato di condotte abusanti che ancora dovevano essere scoperte; descriveva gli atteggiamenti della bambina di improvviso distacco dalla realtà correlati alla relativa situazione familiare ed ometteva di riferire al perito delle crisi epilettiche di cui era a conoscenza perché già diagnosticate".

A smentire la versione dell’indagato durante il periodo di osservazione della piccola che, era stata affidata in maniera provvisoria ad una coppia, erano state proprio le affidatarie. Che non esitarono a riferire all’assistente sociale che “gli incubi della bambina non erano correlati a situazioni traumatiche vissute in passato, bensì all'uso dell'i-pad ed alla visione di alcuni cartoni animati, essendo gli incubi della bambina diminuiti proprio dall'interruzione dell'uso di quest’ultimi”. Dettaglio omesso nelle relazioni stilate dall’indagato.

QUEI PACCHI REGALO MAI CONSEGNATI

A confermare l’isolamento forzato dei minori, decine e decine di pacchi regalo recapitati dai genitori ai bambini affidati ai servizi sociali e mai arrivati a destinazione. Un dono per far sentire la vicinanza al proprio figlio. Un modo per far capire al bambino “mamma e papà ti pensano e non ti hanno abbandonato”. Ma come sarebbe stato possibile convincere i piccoli che era giusto portarli via dalle persone che li avevano messi al mondo se non facendogli credere che, ai genitori non importava niente di loro? In questo gioco malato e intriso di falsità e orrore i doni ai piccoli erano solo d’intralcio e quindi non vennero mai portati ai bambini. A confermarlo è un passaggio dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari nell'ambito dell'inchiesta "Angeli e Demoni" su un presunto sistema di affidi illegali. Uno scambio di messaggi su whatsapp rilevato attraverso i telefono sequestrati degli indagati. ”Avviso tutti i colleghi - si legge nell'avviso della procura di Reggio Emilia - che i pacchi con regali per bambini allontanati dalle famiglie continuano ad aumentare sempre più e siccome non vengono consegnati per diversi motivi anche nella maggior parte dei casi perché è meglio non farli avere ai bambini direi che la regola per il 2019 è quella che per salvare capre e cavoli diciamo ai genitori che il servizio non accetta alcun pacco da consegnare ai propri figli a meno che non lo facciano loro durante gli incontri protetti dove ci sono.

Siete d’accordo?".

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