C'è del nuovo sul fronte occidentale

Il "fronte occidentale" ha ritrovato la sua unità. La quale, dopo esser stata per decenni la chiave di governo del mondo, negli ultimi tempi non sembrava più così scontata

C'è del nuovo sul fronte occidentale

Non ci sono dubbi: dal vertice di Washington la controversa "unità dell'Occidente" è uscita molto rafforzata. Non è ancora dato sapere se e come gli "spiragli di dialogo", ormai aperti, porteranno davvero alla pace, ma intanto molti giudizi precipitosi sono stati messi in fuorigioco. Ad esempio tutti gli osservatori che, dopo l'incontro in Alaska, avevano dato per scontata un'"intesa cordiale" tra Trump e Putin sulla testa dell'Ucraina, hanno dovuto fare marcia indietro. Se lo zar di Mosca puntava a dividere Europa e Stati Uniti, Trump, Zelensky e i leader della Ue non glielo hanno consentito. Di conseguenza risulta ora evidente quanto fosse avventata (e in fondo filo-putiniana) la richiesta della sinistra a Giorgia Meloni di scegliere se "stare con l'Europa o con gli Stati Uniti". Un palese esempio di miopia strategica. Il fatto è che l'attuale disordine mondiale pretende, in specie dai leader politici, di frequentare sempre grande prudenza e pazienza. Mai, infatti, come nell'attuale contesto storico, la pazienza, come diceva Leopardi, si rivela la più eroica delle virtù.

Nessuno può sapere se il tentativo di Trump di imporre la pace andrà in porto. La strada è ancora lunga e accidentata, e come lui stesso ha detto ieri "non è detto che Putin voglia davvero l'accordo". Ma, intanto il "fronte occidentale" ha ritrovato la sua unità. La quale, dopo esser stata per decenni la chiave di governo del mondo, negli ultimi tempi non sembrava più così scontata. Attenzione: non era e non è un problema nato con Trump. Dopo la caduta del Muro di Berlino i rapporti tra Europa e Usa si erano andati gradualmente indebolendo. Finita la guerra fredda, Washington non si sentiva più vincolata all'alleanza con il Vecchio Continente. Già nel milieu culturale di George Bush si ragionava sulla distanza tra il combattivo Marte (gli Usa) e l'estenuata Venere (l'Europa). Poi Obama rese manifesto che, per gli Usa, le terre europee erano meno importanti di un tempo. E così chiuse colpevolmente gli occhi sull'occupazione della Crimea. Su questo retroterra si è innestato il ciclone Trump. Del resto anche l'Europa esibiva atteggiamenti contraddittori. Da una parte la costante critica alla postura "imperiale" di Washington (madre di un diffuso antiamericanismo). Dall'altra il timore, opposto, di perdere l'ombrello americano. Un permanente pendolo tra bisogno di protezione e desiderio di autonomia. Fino al mai sopito "esprit de revanche" francese che oggi contagia Macron. Ma l'Occidente è uno. Non si può scinderlo in due. La madre Europa e la figlia America sono protagoniste di una medesima identità storico-culturale. Ebbene, ecco il punto: se tale identità venisse meno, il quadro geopolitico mondiale, e l'assetto delle democrazie, registrerebbero un gigantesco passo indietro. Perciò è stato importante il vertice di Washington. Perché ha indicato la rotta di una nuova "alleanza strategica". Ma quale ne può essere il fondamento? La risposta è una sola: andare "oltre Yalta". Proprio questo, da Obama a Trump, vogliono gli Usa. Ma anche l'Europa ha interesse a far proprio tale orizzonte. Infatti, in un tempo caratterizzato dal ritorno delle guerre e dall'impotenza dell'Onu, è decisivo per tutti disegnare la cornice di un nuovo multilateralismo. All'interno del quale l'Ue, dotandosi di un'inedita autonomia militare, assuma gradualmente responsabilità analoghe a quelle americane. Nuove nazioni e interi continenti, dall'Asia al Sudamerica, hanno rotto le camicie di forza del vecchio assetto post-bellico. Perciò è ormai indispensabile voltare pagina, individuando nuove regole di coesistenza pacifica.

Questa è la ragione per cui la "questione ucraina" è diventata la cartina di tornasole del futuro. Vedremo cosa accadrà con l'incontro Putin-Zelensky e quanto esso ci avvicinerà alla pace. È lecito essere scettici. Anche perché la questione dei territori contesi è assai spinosa. Il presidente ucraino avrà davvero bisogno di grande pazienza. Magari ricordandosi di ciò che diceva Kissinger: "ogni successo compra soltanto un biglietto d'ammissione ad un problema più difficile".

Intanto, però, può sentirsi rassicurato dalla ritrovata "unità dell'Occidente". Dall'impegno comune degli Usa e della Ue a garantire la sicurezza di Kiev, del quale a breve conosceremo i dettagli. In attesa della pace, è proprio questa la vera novità del vertice di Washington.

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