Sapendo di averla fatta grossa, Sigfrido Ranucci nella mattinata di ieri aveva messo le mani avanti a modo suo, cioè gettando ombre senza documentare. Questa volta nel mirino è finita l'Autorità garante della privacy che, di lì a qualche ora, lo avrebbe condannato per una palese e grave scorrettezza professionale e deontologica fatta durante una puntata di Report: "Il Garante ha detto Ranucci collegato con i parlamentari europei del Pd sta per colpire Report per conto del governo". È una classica frase da metodo Ranucci, altro che "giornalismo d'inchiesta". Che il Garante, autorità per definizione indipendente, prenda ordini da chicchessia è infatti una mera e infamante congettura, è gettare fango addosso a qualcuno. In realtà il Garante ha preso atto, diversamente non avrebbe potuto fare, che quelli di Report compirono un reato mandando in onda l'audio di una conversazione privata tra l'allora ministro Gennaro Sangiuliano e sua moglie illegalmente carpita da una terza persona, quella Rosaria Boccia ai tempi frequentatrice di Sangiuliano e oggi sotto processo con una sfilza di accuse. Semplicemente una cosa così non si può fare, tanto più che il contenuto assai privato del colloquio non aveva elementi giudiziariamente rilevanti o di comprovato interesse per l'opinione pubblica. Quella puntata fu il trionfo dell'illegalità fine a sé stessa, del delirio di onnipotenza di chi si sente sopra la legge nel nome di una finta libertà di informazione, che per essere tale si dovrebbe attenere a precise regole. Sta di fatto che ora i danni li rimborsiamo tutti noi pagatori del canone: i 150mila euro di multa che il Garante ha inflitto alla Rai non usciranno infatti dalle tasche di Ranucci, bensì da quelle, già malconce, della televisione di Stato. Tutti bravi a fare i fenomeni con i soldi degli altri.
P.s. Ieri la polizia ci ha notificato una querela a firma dell'ex magistrato e oggi senatore dei Cinque Stelle Roberto Scarpinato.
È la stessa persona che due giorni fa era nella piazza che chiedeva ai politici di ritirare le querele nei confronti di Ranucci perché querelare è un atto intimidatorio che delegittima il ricevente. Dio li fa, poi il diavolo li accoppia.