Cronache

Lo dicono pure i dati dell'Istat: ecco perché lo ius soli non serve

Nonostante la sinistra insista per cambiare la legge sulla cittadinanza, crescono i nuovi italiani. "Le norme attuali bastano"

Lo dicono pure i dati dell'Istat: ecco perché lo ius soli non serve

Diminuiscono i permessi di soggiorno, ma aumenta la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri. Sono questi i dati che emergono dal report redatto dall’Istat dai quali si evince che il maggior numero delle concessioni ha avuto come destinatari persone di origine non comunitaria.

La cittadinanza italiana agli extracomunitari

Nel 2019 c’è stato il 10,1% in più del riconoscimento della cittadinanza italiana ai non comunitari rispetto al 2018. Su un totale di 127mila cittadinanze rilasciate nel 2019, quelle agli extracomunitari sono state 113.979, mentre l’anno precedente erano state poco più di 103mila. Numeri importanti che mettono in evidenza come i non comunitari siano sempre più interessati a divenire italiani a tutti gli effetti. A fare richiesta sono maggiormente macedoni, pakistani, ecuadoriani. Mentre i sudamericani acquisiscono la cittadinanza prevalentemente per ius sanguinis e rappresentano la maggioranza dei casi totali. Un altro dato rilevante è quello dal quale emerge come l'aumento di domande sia aumentato prevalentemente tra le persone di sesso maschile: nel 2019 sono il 14,2% in più le richieste presentate dagli uomini a fronte del 6,7% di quelle avanzate dalle donne. I minori divenuti italiani sono il 30% , mentre quelli che lo sono divenuti a seguito di matrimoni sono il 13%. Un quadro chiaro dal quale si evince come lo ius sanguinis sia la modalità che prevale nell’acquisizione della cittadinanza.

bimbo straniero

Lo ius sanguinis

Lo ius sanguinis è la modalità di acquisizione della cittadinanza che si basa su un requisito fondamentale: uno dei genitori deve essere di nazionalità italiana. Lo ius sanguinis, attualmente vigente nell’ordinamento giuridico italiano, con la legge 91/92, si contrappone allo ius soli che invece prevede l’acquisizione della cittadinanza italiana per il fatto di nascere sul territorio statale, a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. La norma italiana su questo argomento è chiara e rigida: non è il territorio ad essere l’elemento rilevante ma la cittadinanza dei genitori. Tuttavia lo ius sanguinis non è l’unica modalità: è possibile divenire italiani dopo due anni dal matrimonio con un italiano o dopo almeno 10 anni di residenza sul territorio nazionale per gli extracomunitari, mentre di almeno 4 anni per i cittadini europei.

Il pallino della sinistra: lo ius Soli

Da anni si parla di attuare modifiche alla legge attuale. A essere messo in discussione è il principio stesso dello ius sanguinis, privilegiando invece il cosiddetto ius soli. Concedere cioè la cittadinanza a chi nasce nel territorio italiano, a prescindere dalla nazionalità dei genitori. Un'istanza, quella dello ius soli, che sta a cuore soprattutto a sinistra. Tanto è vero che durante il governo Gentiloni era già stato presentato un apposito disegno di legge. Tutto è tramontato per la fine di quella legislatura e perché all'interno del Pd si era intuita l'impopolarità della riforma. Con l'avvento della maggioranza giallorossa sono stati tirati fuori dal cassetto altri disegni di legge.

Uno in particolare è a firma dell'ex presidente della Camera, Laura Boldrini. Il termine ius soli è accantonato a favore della denominazione di ius culturae, ma la sostanza è la stessa. C'è fretta, da parte del centro – sinistra, di archiviare lo ius sanguinis. Lo si intuisce non solo dalle proposte portate in parlamento, ma anche dalla pressione mediatica più volte messa in atto e in cui la norma attuale viene vista come “passata”, non in linea con la legislazione di altri Paesi europei. Eppure i numeri dicono il contrario: la legge in vigore non crea un abbassamento del numero di concessioni della cittadinanza, né tanto meno pone l'Italia indietro rispetto ad altri contesti.

migranti

“L'attuale legge risponde ai bisogni di cittadinanza”

In quasi trent'anni la norma ispirata al principio dello ius sanguinis ha dato prova di funzionare. È di questo parere il professor Marco Lombardi, docente dell'Università Cattolica e direttore del centro di ricerca Itstime: “L'attuale legge può rispondere molto bene ai bisogni di cittadinanza – ha dichiarato a IlGiornale.it – Non ci sono dubbi da questo punto di vista”. La domanda sorge quindi spontanea: perché si ha fretta di introdurre lo ius soli? I motivi secondo Lombardi sono almeno tre: “In primis c'è una componente ideologica legata alle novità di un secolo, come quello attuale, contraddistinto da sempre più movimenti. Si vuole premiare e dare maggior rilevanza alla destinazione e non all'origine e dunque all'identità di una persona”.

C'è poi una questione di natura politica: “Si sono formati su questo tema diversi schieramenti – ha proseguito il professore della Cattolica – E c'è quindi una parte che più di altre porta avanti la propria posizione”. Infine non è da sottovalutare una questione più “pratica”: “Lo ius soli genererebbe degli automatismi che in ambito burocratico faciliterebbero la vita a chi amministra – conclude Lombardi – Oppure al futuro nuovo cittadino”. A ogni modo, appare chiaro come l'attacco all'attuale legge proseguirà anche in futuro.

E questo nonostante anche gli ultimi dati ne abbiano confermato la validità.

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