Politica estera

Contro Riad schieriamo la civiltà

L'Expo 2030 a Riad, invece che a Roma? Sarebbe un oltraggio e la dimostrazione che la petromonarchia, a colpi di milioni di dollari, convince tutto e tutti

Contro Riad schieriamo la civiltà

Ascolta ora: "Contro Riad schieriamo la civiltà"

Contro Riad schieriamo la civiltà

00:00 / 00:00
100 %

L'Expo 2030 a Riad, invece che a Roma? Sarebbe un oltraggio e la dimostrazione che la petromonarchia, a colpi di milioni di dollari, convince tutto e tutti. Non amiamo sventolare la bandiera dei diritti umani e della democrazia, valori troppo seri e non sempre digeribili da popoli a latitudini diverse e tradizioni opposte, ma con Mohammed Bin Salman, di fatto re e primo ministro dell'Arabia Saudita, vale la pena rinfrescare la memoria di chi decidesse di scegliere Riad come sede dell'Esposizione universale fra sette anni. A cominciare da Emmanuel Macron, presidente di una Francia che si basa sulla «Liberté, Égalité, Fraternité».

Il concetto di libertà in Arabia Saudita è tagliare a pezzi un giornalista dissidente, Jamal Khashoggi, reo di non essere più in linea con il re, come nel Medioevo. L'uguaglianza, poi, è notoria a cominciare dal gentil sesso, che da poco ha la patente di guida ma vive ancora all'età della pietra dei diritti femminili. La fratellanza è la licenza di bombardare lo Yemen a tappeto costringendo il Paese vicino alla fame. E poi cambiare idea con la spinta interessata dei cinesi, altri campioni di libertà e democrazia, che riescono ad avvicinare il diavolo e l'acqua santa, ovvero l'Arabia Saudita e l'Iran, fino a quando non torneranno a scannarsi in una nuova guerra.

La comunità internazionale vuole veramente concedere a Riad l'Esposizione universale, nata nel XIX secolo per presentare le innovazioni, la scienza, la cultura, il bello del mondo rivolto al futuro? Speriamo di no, altrimenti ci piegheremo al discutibile andazzo dello sfruttamento di eventi internazionali per mistificare la realtà, iniziato con l'utilizzo dello sport per ripulirsi l'anima. Adesso siamo all'ingaggio dello sportivo di grido per fare finta di essere un Belpaese. Il New York Times rivela che l'Arabia Saudita paga una vacanza di cinque giorni all'anno fra le dune di Leo Messi 1,8 milioni di euro. Dieci «post» sui social stessa cifra e così via. In tutto 22,5 milioni di euro non per giocare nella Lega saudita, ma per fare da testimonial di Riad, «paradiso» del Golfo.

Roma, che vuole l'Expo nel 2030, sarà anche «vecchia» ed acciaccata, ma rimane «caput mundi» almeno come simbolo di libertà e democrazia rispetto a Riad. E, soprattutto, un «posto per tutti», come ha detto Russell Crowe, a differenza del deserto saudita dove voglio vederli ad ospitare un Pride. Nelle prime immagini del mitico film Il Gladiatore, nelle vesti di generale romano, ordina di «scatenare l'inferno» contro i barbari.

Adesso nel videomessaggio per l'Expo fa lo stesso con la forza della civiltà che evolve, di Roma e dello slogan scelto dall'Italia: «Noi siamo pronti, al mio segnale scatenate l'umanità».

Commenti