Coronavirus

Coronavirus, tutte le criticità della scuola a distanza

La classe docente è spesso sprovvista delle corrette conoscenze. Non distinguono un mouse da una tastiera. Un disastro annunciato per la scuola italiana

Coronavirus, tutte le criticità della scuola a distanza

Li vedi tentennare davanti al pc. Tergiversano. Ti guardano. Cercano un aiuto che non chiedono per orgoglio. Sono professori e professoresse. Padri e madri di ragazzi ormai troppo cresciuti per non capire i loro bisogni. Non sanno usare un mouse, figuriamoci le piattaforme online che permettono di lavorare da casa. La condizione delle scuole, al tempo del coronavirus, è disastrosa. Le lezioni online faticano a decollare, soprattutto al centro-sud. Forti delle indicazioni ministeriali, i presidi provano a convocare i docenti a scuola, anche a gruppi ristretti, per far partire progetti a distanza.

Qualcosa di complicato per una classe insegnante spesso sprovvista di formazione sul tema. La risposta di sindacati Cobas e organizzazioni social che tutelano i docenti è: "Non ci presentiamo e non firmiamo il registro elettronico, convocate i collegi via web". Troppo poco. Poi ci sono loro. Quei professori, sull’orlo della pensione, che non riescono a utilizzare le piattaforme di e-learning. Una tragedia nella tragedia. Donne e uomini che non comprendono la tecnologia. Non sanno neppure cosa vuol dire "device". Parola che tra l’altro non insegna nulla.

E, davanti a un semplice file Word, restano di ghiaccio. Cosa sarà mai? "È un tipo di file che ti permette di scrivere", gli suggerisci sorridendo. C’è un problema strutturale. In questa mastodontica messa in marcia per una didattica forzatamente diversa, le capacità dei prof non sono all’altezza. Non per una loro mancanza, ma perché a monte è mancato un corso di preparazione. Una preparazione mirata. I loro manuali sono pieni zeppi di contenuti digitali, ma loro quelli che furono i baby boomers, questo lo ignorano.

Le connessioni, i giga a disposizione, un Pdf... Terra bruciata. Spesso i docenti, nonostante i Google Classroom e i collegamenti Skype possibili, finiscono per utilizzare solo il registro elettronico (ed è già una fortuna). "Che fai con quel tablet in mano?" "Assegnano i compiti, ecco". "Sappiamo che ci sono differenze geografiche ed economiche", dice Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi. Skuola.net ipotizza che in Campania, solo per cirtarne una, sia partito solo il 40 per cento degli istituti. L’affanno si registra soprattutto alla primaria e nelle scuole medie.

Tutto l’anno scolastico è a rischio. Con buona pace per i poveri studenti. Dal 24 febbraio scorso, quando è stata sospesa l’attività didattica nelle scuole delle iniziali zone rosse, fino al prossimo 3 aprile, gli studenti italiani rischiano di perdere 75 milioni di ore di lezione. E anche questa non è una buona notizia. Secondo le stime di Tutto Scuola, infatti, dal prossimo 15 marzo al 3 aprile 2020, il sistema scolastico nazionale perderà quasi 45 milioni di ore di lezione che andranno ad aggiungersi agli oltre 30 milioni di ore di lezione non effettuate dal 24 febbraio a tutto il prossimo 15 marzo.

Diventa a questo punto fondamentale, per molti, attivare nel modo più ampio possibile la formazione a distanza, soprattutto nella forma di lezioni in diretta in cui i bambini della primaria vedano e parlino con la propria maestra. E così gli studenti delle medie e delle superiori con i propri professori. Forse sbagliano, perché tanti insegnanti italiani non hanno le conoscenze informatiche per attivare queste lezioni. Diciamoci al verità: la paginetta riempita e consegnata su carta, a domicilio, resta l’ipotesi più fattibile. E più reale, al momento. Sarà meno tecnologica, meno smart. Ma per molti docenti sembra essere l’unica strada percorribile. È per questo che i prof devono essere formati e assistiti. Ora è tardi.

La diffusione di internet e degli smartphone (per i quali l’Italia non sfigura nei confronti: secondo il PewResearch Center - dati 2019 - il 71% dei cittadini italiani ne possiede uno, non lontano dal 78% della Germania o dall’80% degli Stati Uniti) consente un livello e una intensità di comunicazione impensabile fino a pochi anni fa. Gli obiettivi sono evitare la discontinuità didattica. Garantire la continuità delle relazioni tra insegnanti e studenti. Ma il problema resta. I nostri insegnanti, almeno quelli più cresciuti, sono analogici. Non conoscono il digitale e non lo comprendono. Non chiedono aiuto per orgoglio. Ma non dimenticate quello che ci hanno insegnato in passato. Non vanno rottamati. Vanno compresi.

Sono stati, in molti casi, la nostra fortuna.

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