Scena del crimine

"Quel suicidio sospetto: vi racconto il mistero di via Poma"

Il vicequestore che indagò sul delitto di Simonetta Cesaroni a ilGiornale.it: "La verità va cercata tra le persone che conosceva"

"Quel suicidio sospetto: vi racconto il mistero di via Poma"

Sono passati 31 anni dall'omicidio di Simonetta Cesaroni. Trentuno lunghi anni di buio su quanto accadde realmente all'interno dell'appartamento al civico 2 di via Poma a Roma. Oggi come allora la domanda irrisolta resta una sola: chi ha ucciso Simonetta quel drammatico pomeriggio del 7 agosto 1990?

"L'assassino di Simonetta va ricercato tra le persone che, a titolo vario, sono state coinvolte nell'inchiesta", spiega alla redazione de IlGiornale.it Antonio Del Greco, vicequestore della squadra mobile di Roma nonché a capo delle indagini nel delitto di via Poma.

Dottor Del Greco, che delitto è stato quello di via Poma?

"Un omicidio a sfondo sessuale, senza ombra di dubbio".

Lei fu tra i primi a intervenire sul luogo del delitto. Come si componeva la scena del crimine?

"Purtroppo, quando noi della sezione omicidi siamo intervenuti nell'appartamento di via Poma, la scena del crimine era già stata contaminata. Nel senso che, prima del nostro arrivo, già altre persone erano state sul luogo del delitto lasciando traccia del loro passaggio. Dunque, per forza di cose, l'ambiente risultò inquinato".

Di primo acchito cosa l'ha colpita di più?

"Mi ha impressionato che una ragazza così giovane fosse stata uccisa con crudeltà".

Qual è stato il dettaglio all'interno della stanza che ha colto subito?

"Anzitutto che l'assassino avesse provato a spostare il corpo della vittima, poi che ci fosse stato un principio di pulizia dell'appartamento".

Da cosa lo ha capito che l'appartamento era stato pulito?

"Che non c'erano tracce visibili – perlomeno evidenti – dell'aggressore di Simonetta. E poi l'appartamento risultava in ordine".

Quindi il killer è ritornato sul luogo del delitto?

"Probabilmente l'assassino aveva intenzione di spostare il cadavere ma poi non lo ha più fatto. Forse non ha avuto tempo e modo per farlo".

Ritiene che plausibile l'ipotesi che un estraneo si sia introdotto negli uffici di via Poma?

"Lo escludo. Gli effetti personali della ragazza erano ancora lì e la porta d'ingresso era stata chiusa con quattro mandate di chiave. Se si fosse trattato di un estraneo, credo si sarebbe preoccupato solo di guadagnare alla svelta l'uscita dopo aver commesso il delitto".

Quindi Simonetta conosceva il suo aggressore?

"Sicuramente si è trattato di un delitto maturato in un contesto familiare. Con 'familiare' intendo dire di persone che Simonetta conosceva".

Nelle indagini è stato coinvolto anche il portiere dell'edificio, Pietrino Vanacore. Secondo lei, che ruolo ha avuto nella vicenda?

"Sicuramente Vanacore ha avuto un ruolo centrale in questa storia. È stato un personaggio ambiguo e poco collaborativo durante le indagini".

Scena del crimine via Poma

Cosa intende per "ruolo centrale", Vanacore sapeva più di quanto ha raccontato?

"Vanacore si è tolto la vita poche ore prima di rendere testimonianza davanti ai giudici nel processo contro Busco, il fidanzato di Simonetta. Forse temeva che non avrebbe avuto scampo e sarebbe stato costretto a raccontare la verità".

Il primo processo si è concluso con la condanna di Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta. Successivamente Busco è stato assolto con formula piena. Pensa che c'entrasse qualcosa?

"No. Non c'erano elementi che potessero anche solo far sospettare di Raniero Busco. Il fidanzato di Simonetta fu condannato per la fotografia di un presunto morso sul seno della vittima. Ma le lesioni che la ragazza riportava attorno al capezzolo non avevano nulla a che fare con un morso. Ho visto il cadavere con i miei occhi e sono sicuro di ciò che dico".

Come spiega le tracce del Dna di Raniero Busco sul corpetto di Simonetta?

"Erano fidanzati, avevano avuto rapporti nei giorni precedenti al 7 agosto. Era ovvio che vi fossero delle tracce sui vestiti di Simonetta".

Secondo lei, sono stati commessi degli errori nelle indagini?

"Dal punto di vista investigativo, compatibilmente con gli strumenti che avevano a disposizione all'epoca, direi di no. Abbiamo fatto tutto il possibile. Per certo oggi sarebbe stato molto più facile risolvere il caso".

Dove ma soprattutto tra chi doveva essere cercato l'assassino di Simonetta?

"L'assassino di Simonetta è tra le persone che, a titolo vario, sono state coinvolte nell'inchiesta".

Sono passati 31 anni dal delitto di via Poma. Salterà mai fuori la verità?

"Credo sia molto difficile.

Ci sono un paio di piste ancora plausibili ma con poche possibilità di sviluppo".

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