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Il fallimento dell'istruzione

I comportamenti dei giovani sono all'ordine del giorno: vengono criticati, censurati, demonizzati. Ma chi sono "i giovani"? Sono i nostri figli. I giovani sono figli che hanno bisogno di crescere.

Il fallimento dell'istruzione

I comportamenti dei giovani sono all'ordine del giorno: vengono criticati, censurati, demonizzati. Ma chi sono «i giovani»? Sono i nostri figli. I giovani sono figli che hanno bisogno di crescere. Dove si forma la loro crescita? Non ci vuole tanta fantasia per rispondere: nella famiglia e nella scuola. Allora, noi genitori, mettiamoci una mano sulla coscienza: che famiglia, che scuola abbiamo per loro, per il loro cammino sulle strade della vita?

Leggo il Rapporto Plus 2022 dell'Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche) e c'è da rabbrividire. Un fallimento scolastico impressionante. Ma la scuola non è separata dalla famiglia: sono un'unica struttura integrata della formazione dei cosiddetti ragazzi, cioè dei nostri figli. Ciò significa che se c'è il fallimento della scuola, c'è anche il fallimento della famiglia.

Leggiamo qualche dato: 11,7 milioni di italiani non si sono mai iscritti alla scuola secondaria superiore; quasi 4 milioni si sono fermati nel loro percorso di istruzione senza conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado. Sono più maschi (62%) che femmine (38%). Dati che rappresentano la fotografia di un Paese che non si preoccupa dell'ignoranza diffusa che è alla radice della disuguaglianza e della violenza. Non si preoccupa perché una parte considerevole dei nostri concittadini (delle famiglie) ritiene che fare studiare i propri figli sia assolutamente inutile. Meglio trovare subito un lavoro. D'altra parte - esperienza della mia decennale docenza - quanti laureati (non diplomati nelle scuole medie o superiori, ma laureati nell'università) finiscono per fare lavori molto umili, perché gli studi universitari non hanno premiato le loro aspettative? E, allora, che senso ha studiare, arrivare in fondo al percorso scolastico? Quando nelle famiglie si arriva a porre queste domande, vuole dire che non ci sono più spiegazioni che tengano per modificare il punto di vista.

Come può avvenire un cambio di prospettiva? Rinsaldare, sempre di nuovo, senza stancarsi o demoralizzarsi, il dialogo tra famiglia, scuola, mondo del lavoro. Invece - facile da osservare - l'attenzione finisce nel discorso ideologico. Si demonizza il richiamo al merito e alle competenze, perché sarebbero espressioni di una visione classista, autentica rovina della psiche dei giovani. Però ci lamentiamo che i bravi se ne vanno all'estero, dove si è apprezzati per merito e competenze. Il ministro Valditara fa bene a ribaltare la scuola e cercare di mostrare che il suo compito non è quello di mettere i timbri sulle carte bollate, ma dare un indirizzo: apriti cielo, ritorna l'antifascismo militante.

Così, intanto, felici dell'antifascismo militante e dell'antimeritocrazia, la scuola perde milioni di studenti, le famiglie fanno i conti con l'assenza di un'adeguata istruzione per i propri figli e lo Stato con il sottosviluppo della formazione dei suoi giovani.

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