Un secolo fa i grandi gialli non venivano risolti. Esattamente come accade oggi. Ma allora almeno non c’era la sceneggiata di Ris e Polizia scientifica pronti a giurare: «L’assassino ha lasciato evidenti tracce di Dna. Il colpevole ha le ore contate...». Nel 1888 dissero più o meno così anche gli agenti di Scotland Yard chiamati a indagare sul primo delitto di Jack lo squartatore. Peccato che, dal 1888 ad oggi, di «ore» ne siano trascorse parecchie, senza che però l’identità di Jack the ripper venisse mai individuata. O meglio: di identità - in 124 anni di «accertamenti» - ne sono state ipotizzate tante. Tutte però rigorosamente tarocche. All’elenco ora si aggiunge il nome di un carrettiere di Londra, tal mister Charles Cross. È questa infatti l’ultima ipotesi avanzata da uno studioso del serial killer che tra le brume dell’Inghilterra vittoriana accoppò cinque (ma c’è chi sostiene addirittura 17) prostitute. «Charles fu la stessa persona che trovò la prima vittima di quello che venne poi ribattezzato Jack lo squartatore - ha detto il professor Edward Stow al Telegraph. L’uomo venne visto accovacciato su Polly Nichols mentre cercava di nascondere alcune ferite. Fu interrogato molto superficialmente dalla polizia a cui fornì false generalità. Solo ora abbiamo scoperto che il suo vero nome era Charles Latchmere». «All’epoca - aggiunge lo studioso - la polizia cercava un individuo speciale. Ma la maggior parte dei crimini vengono commessi da gente semplice e ordinaria. Charles era presente sulla scena di ogni singolo omicidio lungo la strada del suo lavoro, ma la circostanza fu clamorosamente ignorata. Dopo l’omicidio di Polly Nichols, le altre vittime di Jack the ripper vennero infatti ritrovate nell’area compresa tra l’abitazione londinese dell’uomo, in Bethnal Green, e il suo posto di lavoro a Broad Street. Il presunto assassino morì nel 1920». Ipotesi suggestiva, per carità. Né più e né meno, però, delle tante altre che nel corso di oltre un secolo si sono rincorse, con la non trascurabile controindicazione di rivelarsi sempre delle bufale.
Ad esempio prendete Patricia Cornwell. Scrittrice coi fiocchi che, nel suo libro "Ritratto di un assassino", ha impacchettato il seguente verdetto: «Jack lo squartatore è il pittore inglese Walter Sickert». Caso chiuso? Mica tanto. Nel film interpretato da Jhonny Depp si sostiene la tesi secondo cui Jack the ripper era il medico di corte, costretto a trasformarsi in pluriomicida per coprire le malefatte del principe Edward. Prove? Zero. Idem per quanti giurano che Jack fosse «una donna di nome Jacqueline che ammazzava le prostitute con le quali il marito la tradiva abitualmente».
Ma i ripperologisti sono un esercito sterminato e sotto i loro sospetti sono finiti personaggi di ogni tipo: dal duca di Clarence, nipote della regina Vittoria, all’oscuro pescivendolo Joseph Barnett; da William Henry Bury, indicato come «sospetto numero uno» dal New York Times, allo scrittore William Beadle, reo di aver ucciso la moglie con modalità simili a quelle inflitte a una delle vittime di Jack.
E che dire delle ombre che si sono addensate perfino sul capo di Lewis Carroll, l'autore di Alice nel paese delle meraviglie? Un bel tipo che - secondo l’accusa - di giorno scriveva favole per bambini e di notte squartava donne di malaffare. Insomma una specie di dottor Jekyll e mister Hyde.
Ma questa è un’altra storia, anzi un altro romanzo.
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