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L'"invito" a certi pm

E poi dicono che in Italia non esiste più il giornalismo d'inchiesta. Ma come? L'indagine di Domani e di Repubblica sulla "giovane" Giorgia Meloni ha scoperto fatti fondamentali

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E poi dicono che in Italia non esiste più il giornalismo d'inchiesta. Ma come? L'indagine di Domani e di Repubblica sulla «giovane» Giorgia Meloni ha scoperto fatti fondamentali: che la casa della Garbatella non era di tre ma di quattro vani, che la madre della premier ha investito nel mattone e che, forse, le bambine Meloni non avrebbero davvero dato fuoco alla loro prima abitazione. Tutte notizie da stroncare la carriera a chiunque.

Il sarcasmo è tanto più dovuto, in quanto tutto il capo di accusa dell'indagine di Repubblica è questo: nella sua autobiografia, Io sono Giorgia, Meloni avrebbe omesso parecchi particolari. Sai che illuminazione: da quando esiste, il genere autobiografia (la prima furono le Confessioni di Sant'Agostino) è un racconto in cui l'autore seleziona e, in un certo senso, inventa, la propria vita. Le autobiografie dei politici poi, tutti gli storici lo sanno, hanno sempre uno scopo e, quindi, il materiale narrativo viene costruito tenendo fermo questo obiettivo. L'autobiografia, insomma, non è un memoriale per le procure, genere a cui evidentemente molti giornalisti di Domani e di Repubblica, con il loro metodo alla Davigo, sono più acconci. Meloni non è un «underdog»? Ma nessuno minimamente dotato di senno può pensare che, vicepresidente della Camera a 29 anni, ella sia una novizia uscita dal nulla. Ma con il termine «underdog» e con la sua autobiografia, Meloni voleva dire che la propria carriera politica se l'è costruita da sé, su basi di partenza meno semplici di quelle di altri, indipendentemente dal numero di vani della sua casa di bambina.

Resta il quesito fondamentale: perché? Perché utilizzare per mesi un pool di giornalisti, recarsi addirittura all'estero, per poi non trovare nulla? E qui ci sovviene Andreotti: a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Non è che queste sortite giornalistiche finiscono per fungere da pesci pilota, un po' per seminare sospetti e credenze, un po' per stimolare la fantasia di qualche pm? Quante volte inchieste giudiziarie contro esponenti politici (poi finite nel nulla) sono partite dalle indagini di Repubblica? Ricordiamo quelle sulle cene eleganti e sulle Olgettine, poi seguite da catene di processi, finiti con l'assoluzione di Berlusconi. Ovviamente in questo scoop (si fa per dire) non pare neanche esserci un aggancio giudiziario. Ma chi può garantire sulla fantasia di certi pm?

Indagare sul potere, beninteso, non è solo legittimo, ma necessario, da parte dei giornali. Quando però si tende a mettere sulla pista, spesso inesistente, certa magistratura, allora siamo in uno scenario di sovrapposizione tra due poteri, il cosiddetto quinto della stampa, e quello giudiziario, cosa che ha fatto somigliare l'Italia spesse volte a un Paese sudamericano.

Staremo a vedere se, questa volta, nel pensar male abbiamo solo peccato, senza azzeccarci - che è poi quel che speriamo.

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