Guerra in Israele

La lezione per la destra: mai abbassare la guardia

La solidarietà nei confronti del popolo ebraico dura poche ore. E anche in questo caso, dove ci sono centinaia di civili uccisi barbaramente, la storia non cambia

La lezione per la destra: mai abbassare la guardia

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La solidarietà nei confronti del popolo ebraico dura poche ore. E anche in questo caso, dove ci sono centinaia di civili uccisi barbaramente, la storia non cambia. Israele non si appoggia mai «senza se e senza ma». C'è chi si dissocia in modo plateale: la bandiera palestinese che sventolava dall'Università Orientale mentre ancora si dovevano seppellire i corpicini di quaranta bambini uccisi; c'è chi lo fa in modo vigliacco e ambiguo, discutendo persino dell'opportunità di mostrare il drappo con la stella di David sul palazzo municipale; e c'è chi lo fa in modo aggressivo come coloro che danno del serial killer al premier israeliano, proprio mentre i terroristi palestinesi imbracciano ancora i kalashnikov. Con costoro c'è poco da fare. Sono gli eredi dei pogrom e i custodi dei campi di concentramento, sono la banalità del male. Non cambieranno idea.

Ma c'è una maggioranza silenziosa là fuori che dovrebbe capire come sia in gioco la nostra civiltà, le radici dell'Occidente, la libertà. Anche quella di permettere agli Zaki di turno di dire le loro bestialità. Ecco costoro, non solo per motivi ideali ma anche pratici, dovrebbero comprendere come noi, esattamente come Israele, siamo circondati e dunque dobbiamo combattere.

Uno dei governi più a destra della storia israeliana ha commesso, forse per la prima volta, l'errore di dimenticarsi della violenza barbara del nemico. Per la prima volta si è permesso di formare un gabinetto ministeriale dove due componenti su tre non avessero fatto parte dell'esercito. Un governo che ha pensato di concedere permessi di lavoro agli abitanti di Gaza, il cui ringraziamento è stato fornire informazioni e mappe dettagliate per l'attacco terroristico.

Tutto ciò c'entra molto con noi italiani. Qualcuno può veramente credere che l'imam di Pisa, che chiama l'attacco avvenuto il 7 ottobre un «atto di resistenza», sarà una buona guida della moschea che vogliamo far loro costruire? Pensate che in quella moschea si celebrerà la separazione dei poteri? Pensate che le giovani musulmane intervistate in queste ore che si dicono comprensive nei confronti di Hamas, nonostante le loro coetanee siano state stuprate e uccise durante un rave, pensate che queste giovani fanatiche non combatteranno contro le nostre libertà?

Gli israeliani, per un breve lasso di tempo, hanno sottovalutato il nemico che li circondava e stanno pagando un prezzo altissimo. Non commettiamo lo stesso errore. In Italia, in Francia, in Europa, le infiltrazioni fondamentaliste sono evidenti: non giriamoci dall'altra parte. Ecco perché oggi più che mai dovremmo urlare «Israele siamo noi».

Lo siamo davvero e corriamo i medesimi rischi.

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