Era già evidente mesi fa, mentre il mondo progressista la osannava e la ostendeva come un'icona. Erano già evidenti l'inadeguatezza, la partigianeria e la totale mancanza di imparzialità di Francesca Albanese. Ma dopo la pubblicazione, da parte de il Giornale, delle prove dei suoi legami con Hamas, il tema è ineludibile. Un punto di non ritorno, scritto in grassetto sul tavolo dell'opinione pubblica, anche se qualcuno tenta di sbianchettarlo. Il caso Albanese non è solo un elefante nella cristalleria della politica ma, soprattutto, una maiuscola macchia nella reputazione mondiale del Palazzo di Vetro. Perché, vista dall'Italia, può sembrare l'ennesima maschera impazzita nel carnevale della sinistra islamista, ma Francesca Albanese è ancora, contro ogni buonsenso, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Circola liberamente con il tesserino dell'Onu e grazie ad esso si accredita e trova microfoni in giro per il mondo tramite i quali propalare le sue teorie deliranti. Sia chiaro: l'Onu è un carrozzone un po' sgangherato e spesso (noi lo abbiamo sempre denunciato) assume posizioni discutibili. Ma le posizioni della Albanese sono indiscutibilmente inaccettabili.
Fino a quando le Nazioni Unite potranno tollerare che una loro rappresentante comprenda e giustifichi chi assalta le redazioni dei giornali, tenga rapporti opachi con Hamas, insulti le senatrici a vita della Repubblica italiana, faccia smaccatamente battaglie pro Pal, si dimostri costantemente allergica al dibattito pubblico (vedi fuga dagli studi tv) e pontifichi ogni giorno su argomenti che non rientrano nella sua materia di studio? Perché ormai è evidente a tutti che la Albanese stia utilizzando la più internazionale delle organizzazioni a fini politici e personalissimi. Finora, dal Palazzo di Vetro, si è sentito solo il monito del portavoce del Segretario generale. Qualcosa, ma non abbastanza. Cosa aspettano a prendere decisioni più drastiche?