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L'opposizione è una bufala

Quando la sinistra finisce l'arsenale, già piuttosto mal assortito, delle sue ideuzze, di solito passa la palla ai mezzi di stampa amici e spesso compagni

L'opposizione è una bufala

Quando la sinistra finisce l'arsenale, già piuttosto mal assortito, delle sue ideuzze, di solito passa la palla ai mezzi di stampa amici e spesso compagni. Quando questi ultimi si trovano a non avere a disposizione le sopraccitate idee e, per sovrammercato, sono pure in penuria di notizie, iniziano a raschiare il fondo del barile. E allora iniziano a vedersi (e leggersene) delle belle. Le vestali del politicamente corretto squadernerebbero trattati sociologici sulla scienza delle fake news, noi, più pedestremente, denunciamo la pioggia di bufale alla quale gli ignari lettori sono sottoposti. Lettori ed elettori perché, giova ricordarlo, siamo pur sempre agli sgoccioli di una campagna elettorale che riguarda quasi sedici milioni di cittadini, un quarto degli italiani. Così nella caccia all'ultimo voto, precipitato al suolo quel che resta delle ideologie e sgonfiatisi come dei palloncini i programmi dei partiti, a sinistra rimane solamente l'arma delle balle. Nelle ultime 24 ore ne abbiamo viste esplodere fragorosamente nell'aere almeno tre. Una dopo l'altra.

La prima, tanto improbabile quanto falsa, riguarda Silvio Berlusconi che - secondo la Repubblica - avrebbe deciso di mollare la coalizione da lui fondata e votare alle imminenti regionali Letizia Moratti e non il suo candidato, Attilio Fontana. Idiozia che fa il paio con la seconda, quella che vorrebbe i tre leader del centrodestra in crisi, divisi su tutto e uniti su nulla, addirittura rinchiusi in un reciproco mutismo. Notizie smentite dai fatti ancor prima che dalle parole, vedi la chiusura della campagna lombarda ieri sera a Milano, con il tridente al completo.

Ma non c'è due senza tre e, anche nel confezionare notizie fallaci, impastando mezze dichiarazioni e pregiudizi ancestrali, si possono sfiorare livelli di tale surrealismo che lambiscono il capolavoro. «Fazzolari: insegniamo a sparare nelle scuole» (titolo della Stampa di ieri) ne è un esempio da manuale. Dunque, se Giovanbattista Fazzolari, invece che sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di Giorgia Meloni, fosse il responsabile della militarizzazione infantile del governo di Kim Jong-un, la notizia sarebbe verosimile. Al di fuori della Corea del Nord e di qualche altro regime, è evidentemente una boiata sesquipedale. Passare direttamente dalle forbici con la punta tonda alla Beretta M12 sembra un po' esagerato. Tranne che nella galassia della sinistra più paranoica, quella sempre pronta a denunciare l'onnipresente fascismo immaginario, quella che contestualizza ogni dichiarazione di un esponente di Fdi direttamente nel Ventennio e che legge tutto attraverso il monocolo del gerarca in orbace. Il risultato è al contempo esilarante e inquietante. Macché «libro e moschetto», Fazzolari non ha mai detto quella frase e la ha smentita con chiarezza. Al massimo si poteva riferire allo sport olimpico del tiro a segno, come ci racconta di aver fatto nel 2007 l'allora ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, non un noto pistolero, ma un esponente del Pd. Insomma, tanto rumore per nulla, erano le solite balle elettorali. E si sono rotte.

In tutti i sensi.

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