Coronavirus

Vaccinazioni con un microchip."Ecco perché il futuro è questo"

Addio siringa: cerotti, smart-patch e microchip che, messi a livello cutaneo, potranno vaccinarci e misurare la quantità di anticorpi presenti nel nostro organismo. L'era della telemedicina è alle porte. "Si potranno controllare i dati a distanza"

Vaccinazioni con un microchip: "Ecco perché il futuro è questo"

La punturina sul braccio, molto presto, potrebbe essere un ricordo del passato: l'accelerazione che il Covid ha dato in termine di tecnologia non finirà con la pandemia, anzi. I vaccini del futuro saranno a base di cerotti, spray nasali, gocce e pillole ma non è tutto: microchip installati appena sotto la pelle ci diranno in tempo reale quanti anticorpi abbiamo, qual è il nostro stato di salute e se è necessario trasmettere i dati al nostro medico di base senza muovere un passo da casa.

Ecco lo smart patch vaccinale

Sul nostro giornale (qui il pezzo) ci siamo recentemente occupati di uno studio dell'Università di Oxford sul vaccino a spray nasale e dei prototipi di smart-patch vaccinale in fase di sperimentazione a Swansea, sempre nel Regno Unito. Ma cos'è uno smart-patch, di cosa si tratta? "È una tecnologia già in studio da parecchio tempo anche per la diagnostica di altre condizioni patologiche o per il controllo di condizioni fisiologiche: sono dei microsensori che, messi a contatto con la pelle, possono percepire delle variazioni vitaliche provocate da determinate sostanze in circolo. Saranno dei microchip in grado di segnalare quanti anticorpi circolano nei confronti di un determinante agente microbico, virale o batterico che sia", ha detto in esclusiva per ilgiornale.it la Professoressa Maria Rita Gismondo, Direttore Responsabile di Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell'Ospedale Sacco di Milano. "È una metodica nuova, nuovissima nell'ambito della possibilità di controllare l'attività dei vaccini ma siamo ancora lontani dall'utilizzo perché è necessario passare attraverso varie fasi di ricerca".

A cosa servono i microchip

Calma e gesso, come si dice in questi casi: l'idea è buona ma non sarà pronta domani mattina. Quali saranno le funzioni di questi microchip? "Ci sono due possiblità: sondaggio o terapia topica che si fa immettendo il microchip a livello cutaneo o addirittura un patch", ci dice l'esperta, riportando l'esempio di alcune terapie ormonali o per malattie cardiovascolari già in uso che vengono già eseguite con dei cerotti. Si creerebbe, così, l'unione di due elementi diversi. "La ricerca potrebbe essere orientata, dal punto di vista vaccinale, con questi patch o cerotti che potrebbero inoculare o indurre la produzione di anticorpi; dall'altro lato, i microchip di tipo diagnostico potranno, nel tempo, valutare qual è la nostra risposta anticorpale alla vaccinazione ma anche tantissimi altri parametri", sottolinea la Gismondo. In sostanza, ci aspetta l'epoca del "vaccino fai da te" grazie all'applicazione di cerotti cutanei che agiranno come fosse l'iniezione intramuscolo, rendendo ancora più facile la somministrazione del vaccino influenzale piuttosto che quello per un'altra patologia. "Il futuro è questo", ci dice la microbiologa. Ci si potrà vaccinare, in sostanza, anche da soli e non soltanto tramite un cerotto od un vaccino spray. "È quello a cui si tende: alcuni dei vaccini che abbiamo adesso sono in fase di studio per una formulazione orale tramite gocce o pillole", aggiunge.

La tecnica con la quale potranno essere innestati già si conosce: "Tutte le volte che si applicano ad un nuovo campo bisogna fare tutti gli studi ad hoc per aggiustare il tiro ma le ipotesi di studio sono già in progress per alcune applicazioni. Se parliamo, però, di vaccini ed anticorpi ci vorrà ancora un po' di tempo per essere alla perferzione". Da sottolinare come, una volta installato, il chip si potrà rimuovere facilmente e quando si vuole. "Assolutamente si: innanzitutto non potrà mai essere un'applicazione obbligatoria ed, in ogni caso, può essere rimossa in qualsiasi momento", aggiunge.

Benvenuti nell'era "dual-use"

I mugugni degli scettici già si sentono: "Ma così ci controllano!". A meno che non abbiate mai usato uno smartphone, carte di credito, social network e non viviate sul cocuzzolo della montagna, siamo già tracciati continuamente senza accorgercene. Ben venga una tecnologia del genere, che riguarda la salute e non lo status di Facebook o la "storia" su Instragram. "Se l'obiettivo è di geolocalizzarci ovunque è già raggiungibile: anche le nostre carte di credito possono far geolocalizzare, siamo in un'epoca dove il dual use è veramente alla portata di tutti, cioè ricerche di grande sviluppo per la salute ed il benessere che allo stesso tempo, se malintenzionati, possono essere usati per scopi completamente diversi, opposti e malevoli", afferma Maria Rita Gismondo. Ecco, proprio il dual-use, termine che in politica , diplomazia e controllo delle esportazioni si riferisce alla tecnologia che può essere utilizzata per scopi sia pacifici che militari. "Se faccio l'esempio di alcuni farmaci, molecole o ricerche che si fanno, il dual use è dietro la porta - continua la microbiologa - Peraltro, con una tecnologia che è ormai alla portata di molti e con la possibilità di poter comprare su internet qualsiasi elemento per costruire nuove molecole o nuovi prodotti che possono essere usati a scopo malevolo o terroristico, direi che aver paura di un microchip che controlla i nostri anticorpi è veramente assurdo, inutile e ridicolo".

L'importanza della nuova diagnostica

Come detto in apertura, il Covid ha accelerato quello che la tecnologia avrebbe comunque saputo produrre e produrrà nel giro di pochi anni. "È una fortunata ed inevitabile possibilità in base al punto di vista con il quale si vede - aggiunge la Gismondo - ma le dico di più: questo tipo di diagnostica sarà estremamente importante lì dove sarà difficile avere una diagnostica locale, perché potremmo controllare questi dati anche a distanza attraverso le reti, una forma di telemedicina direttamente dal paziente. Questi dati potrebbero essere letti anche dall'altra parte del mondo". In questo modo, un anziano che non può muoversi da casa ma un qualsiasi malato o normale paziente che salta un appuntamento medico perché indaffarato con il proprio lavoro, può "trasmettere i propri parametri ematoclinici ad un medico che è a distanza anche di migliaia di chilometri che può interpretare il suo stato di salute e dargli dei consigli", ha aggiunto.

Il meccanismo dei vaccini del futuro

"Nella vaccinologia, uno dei progressi che vanno perseguiti è quello di migliorare la risposta umana spontanea alla stessa infezione: se effettivamente il Sars-Cov-2 non lascia un'immunità protettiva permanente, attraverso il vaccino bisogna capire qual è la migliore delle risposte immunitarie contro il virus stesso", afferma in esclusiva al nostro giornale il Prof. Giovanni Di Perri, Direttore del Dipartimento Clinico di Malattie Infettive dell’Università di Torino. Se con gli anticorpi monoclonali si è capito quali tra fossero i migliori (nel senso di più efficaci) per essere prodotti, la stessa cosa potrà avvenire con i vaccini se si riuscirà ad interpretare al meglio la nostra risposta immunitaria "e trasformarla in un vaccino che ripropone il microrganismo contro cui vogliamo proteggerci, esaltando le parti dello stesso che determinano la risposta più redditizia - afferma Di Perri - Se il virus influenzale cambia e bisogna vaccinarsi sempre, magari si possono cercare degli antigeni più conservati, cioè quelle parti del virus che non cambiano contro le quali potremo esaltare la risposta immunitaria mettendo nel vaccino una maggiore quantità di quell'antigene lì".

Nanotecnologie al servizio della salute

Un capitolo molto promettente della farmaceutica è la nanofarmacologia che potrà riuscire a ridurre volume, peso e quantità del farmaco o dell'antigene in modo da semplificare il tutto. Per fare un esempio banale, invece di prendere una pillola quotidiana contro una determinata patologia, si arriverà ad immagazzinare nell'organismo una quantità sufficiente di un dato farmaco che verrà rilasciato gradualmente, permettendoci di non doverci curare quotidianamente perché lo farebbe, in automatico, il nostro organismo per noi. Il nome tecnico è "farmaci a cessione protratta come per l'Hiv", ci spiega Di Perri, grazie ai quali un'inieizione può valere due mesi, sei mesi o addirittura un anno. "È l'evoluzione dei materiali che, come detto prima, permettono una cessione protratta del farmaco. Si mette tutto il necessario per sei mesi o un anno ed a quel punto, pian piano, da una sorta di deposito che abbiamo nei tessuti connettivi e sottocutanei, con un ritmo regolare ogni giorno entra in circolo quella quantità di farmaco necessaria per sopprimere il virus", spiega l'infettivologo.

La "chiave" per il futuro

"È questa la chiave del futuro: un soggetto affetto da ipertensione o malattie per le quali deve curarsi tutti i giorni, questo sviluppo di materiale consentirà delle prospettive di comodità ma anche un aiuto per i pazienti stessi che a volte si dimenticano di prendere i farmaci". È come andare dal benzinaio: invece di andare ogni giorno a mettere 5 euro di benzina, si fa direttamente il pieno e l'autonomia dura per più tempo. Stessa cosa con il processo avveniristico del prossimo futuro spiegato dal Prof. Di Perri.

"Tutto quello che stiamo vivendo, esperienze positive o negative, spero che ci insegnino come affrontare future pandemie - afferma la Gismondo - La mia sensazione è che la tragedia rimarrà come una ferita che potrà essere più o meno cicatrizzata, ma se continuiamo con gli ideologismi politici oppure con una politica per ottenere voti a breve termine, difficilmente la lezione servirà per un futuro non prossimo", conclude.

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